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domenica 31 agosto 2025

Il desiderio dell’analista e quello del paziente: la chiave del processo analitico

In psicoanalisi lacaniana, il concetto di desiderio è centrale. Ma cosa succede quando parliamo del desiderio dell’analista e di quello del paziente? A prima vista potrebbe sembrare che il processo analitico sia guidato dalle aspettative dell’analista, ma in realtà la loro funzione è molto diversa e delicata.

1. Il desiderio dell’analista

L’analista non agisce secondo i propri desideri personali. La sua funzione è di creare uno spazio in cui il soggetto possa esplorare e articolare il proprio desiderio. Lacan descrive il desiderio dell’analista come una “mancanza”, un vuoto che permette al paziente di emergere.

Questa posizione implica neutralità e distanza: l’analista non deve influenzare le scelte del paziente, né sostituirsi a lui. Il desiderio dell’analista è un desiderio di ascolto, di apertura allo sviluppo del soggetto, non di direzionamento o correzione.

Esempio: un paziente dice: “Non so cosa voglio veramente dalla mia vita”. L’analista non risponde “Dovresti fare questo o quello”, ma può porre domande o commenti neutri, ad esempio: “Chi parla quando dici ‘non so’?” Questo aiuta il paziente a riconoscere il proprio desiderio, senza interferenze esterne.


2. Il desiderio del paziente

Il desiderio del paziente è spesso inconsapevole, nascosto dietro ripetizioni, sintomi o conflitti. È ciò che emerge nei lapsus, nei sogni, nelle associazioni libere e nel trasferimento.

Il ruolo dell’analista è facilitare la presa di parola del soggetto sul proprio desiderio, senza sostituirsi ad esso. Questo richiede una presenza attenta, ma discreta, in grado di mantenere lo spazio analitico aperto.

Esempio: un paziente che ripete sempre relazioni conflittuali potrebbe non rendersi conto di cercare inconsciamente figure autoritarie. L’analista, osservando il trasfert, può aiutare il soggetto a riconoscere questo schema e a scegliere consapevolmente comportamenti diversi.


3. La relazione tra i due desideri

La chiave della tecnica lacaniana sta nella relazione tra il desiderio dell’analista e quello del paziente. L’analista non guida il desiderio, ma lo sostiene e lo rende visibile. Funziona come uno specchio o un vuoto in cui il soggetto può confrontarsi con ciò che vuole realmente.

Se l’analista interferisce con il proprio desiderio (“Io voglio che tu faccia così”), l’analisi perde la sua funzione: diventa consiglio o persuasione, e il paziente non ha più la possibilità di scoprire e articolare il proprio desiderio autentico.


4. Effetti pratici

Quando il desiderio dell’analista resta neutro e funzionale, il paziente può:

  • Interrompere schemi ripetitivi e comportamenti incongruenti con il proprio desiderio
  • Prendere decisioni autonome, pur con residui di conflitto
  • Sviluppare una maggiore consapevolezza di sé e delle proprie scelte

Esempio: un paziente che inizialmente delegava tutte le decisioni importanti inizia a riconoscere ciò che vuole veramente e agisce coerentemente, pur mantenendo alcuni conflitti gestibili. Il ruolo dell’analista è stato solo quello di creare lo spazio in cui il desiderio potesse emergere, non di imporre una soluzione.


Conclusione

In sintesi, il desiderio dell’analista non è mai direttivo, ma condizione perché emerga il desiderio del paziente. È un vuoto attivo, una presenza discreta che permette al soggetto di confrontarsi con se stesso e costruire una soggettività autonoma. Questo equilibrio sottile tra ascolto e distanza è ciò che rende il processo analitico lacaniano efficace e unico.


Bibliografia essenziale

  • Lacan, J., Écrits (1966)
  • Lacan, J., Il seminario, Libro XI: I quattro concetti fondamentali della psicoanalisi (1964)
  • Miller J.-A. Miller, Introduzione alla clinica lacaniana 
  • Fink, B., The Lacanian Subject (1995)




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