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venerdì 1 agosto 2025

🌗 Sessuazione


Che cos’è la sessuazione per Lacan?
La sessuazione, in Lacan, non coincide con il sesso biologico né con l’identità di genere. È un modo di posizionarsi rispetto al godimento, al desiderio e alla legge simbolica. Lacan non chiede: “Sei maschio o femmina?”, ma: “Da che parte ti collochi rispetto al godimento e alla castrazione?”


 Due lati, non due generi
Lacan rappresenta la sessuazione con una tabella divisa in due colonne:

  • Il lato cosiddetto “maschile”: dove il soggetto è sotto la legge della castrazione, cioè del limite. Il godimento è regolato, simbolizzato.

  • Il lato cosiddetto “femminile”: dove si accetta una forma di godimento “non-tutto”, eccedente, non interamente simbolizzabile.

Attenzione: non tutti gli uomini stanno dalla parte maschile, né tutte le donne da quella femminile. La scelta (inconscia) non dipende dall’anatomia, ma dal modo in cui si struttura il desiderio e il godimento.


Un esempio quotidiano
Immagina due persone che amano profondamente:

  • Una si aggrappa al partner come a un oggetto da possedere. Vuole sapere, controllare, avere delle regole. Spesso si lamenta che “non capisce cosa vuole l’altro”. È una posizione più vicina al lato maschile.

  • L’altra invece si lascia attraversare dal legame, non chiede tutto, accetta di non sapere tutto dell’altro. Sente che l’amore è anche apertura all’enigma. È una posizione più vicina al lato femminile.
    Non importa se si tratta di un uomo o di una donna biologica: parliamo di posizioni soggettive.


Cosa significa “non-tutto”?
La posizione femminile è definita da Lacan come “non tutta sottomessa alla funzione fallica”. Il godimento femminile è oltre il fallo, oltre il senso, al di là del simbolico.
Per questo Lacan dice: “La donna non esiste” – non come offesa, ma perché non c’è un significante che la rappresenti interamente nel simbolico. La donna è singolare, eccede ogni definizione.


Sessuazione e desiderio
Sul lato maschile, il desiderio è legato al fallo: l’altro è desiderato in quanto porta il segno di ciò che manca.
Sul lato femminile, invece, il desiderio può includere un godimento supplementare, che non è riducibile alla logica del fallo. È un godimento Altro, spesso difficile da dire, ma presente nel corpo, nell’estasi, nel mistico.


In analisi
Un uomo può scoprire in analisi di godere più dalla parte “femminile”, accettando di non sapere tutto e di non essere padrone del proprio desiderio.
Una donna può rendersi conto che per anni ha giocato a “fare l’uomo”, cercando padronanza, controllo, ordine.


📎 In sintesi

  • La sessuazione in Lacan non è binaria biologica, ma una logica soggettiva.

  • Si struttura attorno al godimento, al desiderio, alla castrazione.

  • Si può stare dalla parte maschile o femminile indipendentemente dal sesso.

  • Il lato femminile apre a un godimento Altro, non tutto rappresentabile.


🎭Sembiante


Cos’è un sembiante?
In Lacan, il sembiante (dal francese semblant) è ciò che appare come se fosse, senza esserlo del tutto. Non è finzione pura, ma nemmeno verità. È una maschera simbolica o immaginaria che permette ai soggetti di relazionarsi nel campo dell’Altro. Lacan lo introduce per pensare il modo in cui il soggetto prende posizione nel discorso, nel desiderio, nella sessualità e nel legame sociale.

Perché il sembiante è importante?
Per Lacan, non c’è accesso diretto al reale. Ogni relazione passa attraverso sembianti: parole, gesti, ruoli, immagini che rappresentano qualcosa, ma non coincidono con ciò che rappresentano. Questo è cruciale per capire il desiderio, il sesso, il potere e il sapere.

Esempio semplice
Un insegnante che spiega in classe non è la conoscenza: è un sembiante del sapere. Il suo ruolo e la sua autorità sono sostenuti da un’illusione condivisa: che egli “sappia”. Ma la sua autorità non deriva dalla verità assoluta, bensì dalla posizione che occupa nel discorso.

Sembianti nel sociale
Ogni società è fatta di sembianti: la toga del giudice ⚖️, la divisa del poliziotto, la croce del prete … Nessuno di questi oggetti ha potere in sé, ma funzionano come segni riconosciuti che istituiscono posizioni simboliche.
Esempio: un adolescente trasgressivo può sfidare la divisa del padre non per odio personale, ma perché rifiuta quel sembiante di autorità.

Il sembiante nel rapporto tra i sessi
Lacan dice: “Non c’è rapporto sessuale”. Questo significa che non esiste un rapporto pienamente simbolizzabile tra i sessi. Per legarsi, i soggetti devono passare attraverso sembianti.
Ad esempio, una donna può porsi come l’oggetto del desiderio, anche se non coincide mai con esso. È un sembiante dell’oggetto a: si mette al posto della causa del desiderio dell’altro, pur senza essere essa stessa causa.

Sembianti e discorsi
Nei quattro discorsi di Lacan (padrone, universitario, isterico, analitico), i sembianti occupano posizioni fondamentali.
Il discorso del padrone si regge sul sembiante dell’autorità: il padrone parla come se sapesse cosa vuole e dove andare, ma spesso è sostenuto dall’altro (l’operaio, l’isterico) che fa da motore.

Il sembiante non è solo menzogna
Lacan insiste: il sembiante non è inganno, ma condizione di ogni relazione umana. Anche l’analista, nel discorso analitico, non parla “davvero” – si pone come oggetto a per far sorgere la parola dell’analizzante. È un uso etico del sembiante: non per imporsi, ma per far parlare l’altro.

📎 In sintesi

  • Il sembiante è una forma apparente, che permette il legame simbolico.

  • Serve a velare il reale, ma anche a metterlo in gioco.

  • È indispensabile nel desiderio, nel sapere, nella sessualità e nel discorso.


🍞Bisogno

 

Nel pensiero di Jacques Lacan, il bisogno è uno dei tre concetti fondamentali che compongono la triade bisogno, domanda, desiderio. Questi tre elementi non sono solo fasi dello sviluppo psichico, ma rappresentano livelli diversi della relazione tra il corpo, l’Altro (cioè il mondo del linguaggio e della relazione) e il soggetto.


🔹 1. Il bisogno: ciò che appartiene al corpo

Per Lacan, il bisogno (besoin) è legato alla dimensione biologica dell’essere umano. È ciò che possiamo condividere con gli animali: fame, sete, sonno, protezione, calore, ecc. Si tratta di necessità del corpo che, se soddisfatte, danno una temporanea sensazione di piacere o di appagamento.

Esempio: un neonato piange perché ha fame. Il bisogno è reale: il suo corpo ha bisogno di nutrimento.


🔹 2. Il passaggio per l’Altro: la domanda

Tuttavia, nell’essere umano il bisogno non resta puro. Per essere soddisfatto, deve passare attraverso la domanda rivolta all’Altro. Il bambino non può prendere da solo il latte: ha bisogno di qualcuno che lo nutra. Quindi chiede, ma nel chiedere non trasmette solo un bisogno. Chiede anche amore, presenza, riconoscimento.

Lacan dice che la domanda è bisogno più amore. Il bambino che piange per fame, piange anche per richiamare l’attenzione della madre, per avere la sua voce, il suo sguardo.


🔹 3. Il desiderio: ciò che resta dopo il bisogno

Ora accade qualcosa di fondamentale. Anche quando il bisogno viene soddisfatto (il bambino ha mangiato), qualcosa resta, un di più che non si spegne. Questo resto è ciò che Lacan chiama desiderio. È ciò che non si colma mai, perché non riguarda un oggetto concreto, ma una mancanza strutturale che ci abita come esseri parlanti.

Esempio: da adulti possiamo sentire un vuoto interiore anche se abbiamo tutto – cibo, casa, affetti. Quel vuoto è il desiderio. E non ha un oggetto preciso, ma ci muove, ci orienta, ci fa cercare qualcosa di “altro”.


🔹 L’intervento del linguaggio

Per Lacan, il bisogno, entrando nella catena del linguaggio, si trasforma. Il corpo parlante (parlêtre) non può più accedere direttamente al suo bisogno. Ogni volta che parliamo di ciò che vogliamo, siamo già nel campo della domanda o del desiderio.

Esempio clinico: una persona può dire “ho bisogno di una sigaretta”, ma in realtà cerca calma, consolazione o un modo per affrontare l’ansia. Il bisogno biologico è una copertura: dietro c’è un desiderio che riguarda l’Altro.


🔹 In sintesi

Il bisogno è corporeo e può essere soddisfatto.

La domanda è il bisogno che passa attraverso l’Altro, con l’aggiunta di amore.

Il desiderio è ciò che resta, ciò che non si soddisfa mai del tutto, ma ci costituisce come soggetti.

🌬️ Così, per Lacan, non siamo semplicemente esseri di bisogni, ma esseri di desiderio. E questo desiderio, anche se nasce da un bisogno, non si lascia mai ridurre ad esso.



🗝️Interpretazione

 


Cos’è l’interpretazione in psicoanalisi?

Nel senso comune, interpretare significa “spiegare il significato” di qualcosa. Ma per Lacan, l’interpretazione analitica non è mai una spiegazione logica o razionale. Non serve a chiarire “razionalmente” un sintomo, ma a produrre uno spostamento nel soggetto, a toccare il suo inconscio. Lacan diceva: “L’interpretazione analitica non vuole farsi capire, vuole farsi sentire”.


Non è una traduzione ma una scossa del senso

L’interpretazione non traduce il sintomo in parole chiare. Al contrario: frantuma il senso ovvio, crea un’interruzione, uno choc, apre un’altra possibilità di significazione. È come far vibrare una corda: qualcosa risuona, ma non in modo razionale.


Esempio clinico:

Una ragazza in analisi racconta: “Ho sempre avuto paura di guidare, mi blocco. Mio padre guidava e decideva tutto… io non ce la faccio”. Un’interpretazione classica potrebbe dire: “Hai paura di diventare autonoma come tuo padre”.

Ma l’analista lacaniano potrebbe intervenire in modo inaspettato:

“Chi è che guida quando non guidi?”

Questa frase non spiega. Ma spiazza. Forse apre una nuova catena associativa: la ragazza comincia a pensare al proprio sintomo come a un modo di lasciare “guidare” qualcun altro – il padre? un ideale? un’ansia? Da lì può partire qualcosa di nuovo.


Funziona come un taglio

Per Lacan, l’interpretazione è un taglio nel discorso del soggetto: spezza la coerenza del suo racconto e lo obbliga a ricollocarsi. Spesso è una parola, un gesto, un silenzio che colpisce, non qualcosa da capire ma qualcosa che tocca il reale.


Lavora sul significante, non sul significato

Il soggetto è preso nel linguaggio. L’inconscio, dice Lacan, è strutturato come un linguaggio: l’interpretazione lavora sul gioco dei significanti (le parole stesse) più che sul loro senso.

Esempio: un paziente dice “Mi sento un cane”. Un’interpretazione non chiarisce se si sente “sottomesso” o “fedele”. L’analista può dire: “Cane come nel detto: cane non mangia cane?” — facendo vibrare altri legami significanti che possono aprire nuove strade.


Lacan distingue due modalità principali:

1. Intervento = è quando l’analista interviene per spostare il soggetto, magari interrompendo il suo automatismo.

2. Interpretazione vera e propria = è quando il taglio permette di far emergere l’oggetto a, il punto di godimento in gioco, ciò che sfugge.


A volte anche il silenzio interpreta

Il non dire qualcosa, il non seguire la logica “normale” del discorso può essere l’interpretazione più potente. L’inconscio legge anche i vuoti.


Obiettivo: toccare il reale del soggetto

L’interpretazione non mira alla verità come corrispondenza, ma a toccare quel punto dove il soggetto è diviso, dove il godimento si annoda al linguaggio.


In sintesi

L’interpretazione lacaniana:

non spiega, ma smuove

taglia, non completa

apre alla sorpresa, non alla chiarezza

lavora sul significante, non sul significato

È come una fessura nel discorso, da cui può emergere qualcosa di nuovo per il soggetto.



💬Domanda

 

Nel pensiero di Jacques Lacan, la domanda è un concetto centrale che si colloca tra il bisogno e il desiderio. È una trasformazione del bisogno, ma anche qualcosa di radicalmente nuovo: un'apertura verso l'Altro (con la A maiuscola), cioè verso il mondo del linguaggio, della relazione e della mancanza.


Dal bisogno alla domanda

L’essere umano, fin dalla nascita, è dipendente dall’Altro per soddisfare i propri bisogni. Ma a differenza degli animali, non basta esprimere un bisogno per ottenerne la soddisfazione diretta. Il neonato non ha un accesso immediato agli oggetti di cui ha bisogno: deve passarli attraverso la mediazione dell’Altro (la madre, il padre, i caregiver). E questa mediazione avviene attraverso il linguaggio, cioè attraverso la domanda.

Esempio: un bambino ha fame. Non può prendere da solo il latte, quindi piange. Quel pianto non è solo un bisogno: è già una richiesta all’Altro. Non chiede solo cibo, ma anche attenzione, amore, presenza.


2. Domanda = bisogno + amore

Lacan afferma che nella domanda umana si mescolano il bisogno e l’amore. Ogni volta che chiediamo qualcosa, chiediamo di più dell’oggetto richiesto. Chiediamo di essere riconosciuti, accolti, desiderati. Questo "di più" introduce un'eccedenza che non si può colmare.

Esempio clinico: una persona in analisi dice: “Vorrei che mio padre mi avesse dato più attenzione.” Apparentemente è una richiesta semplice. Ma il senso profondo della domanda è: “Chi sono per lui? Conto qualcosa?” Il desiderio di essere amati si nasconde nella forma di una richiesta concreta.


3. La domanda è segnata dalla mancanza

Nel passaggio al linguaggio, il soggetto scopre che nessuna risposta dell’Altro è mai sufficiente. L’Altro può rispondere o no, può dare o negare, ma non può mai colmare completamente ciò che la domanda nasconde. La domanda, proprio perché passa attraverso il linguaggio, è segnata da una mancanza strutturale.

Esempio: un ragazzo dice alla fidanzata “Mi ami?”. Anche se lei risponde “Sì”, la domanda può tornare: “Ma quanto? Davvero? E se cambiassi?”. Nessuna risposta è mai definitiva. La domanda, in fondo, non cerca solo conferme, ma cerca il desiderio dell’Altro.


4. Domanda e desiderio

La domanda, quindi, apre la strada al desiderio. Dopo che il bisogno è stato soddisfatto, resta sempre qualcosa che non si placa. È questo resto, questa mancanza irriducibile, che diventa il motore del desiderio. Per Lacan, il desiderio nasce nella fessura tra la domanda e la risposta.

Esempio clinico: un adolescente chiede ai genitori una moto. Dietro quella domanda, può nascondersi il desiderio di libertà, di riconoscimento, di differenziazione. Non è tanto la moto in sé, ma ciò che rappresenta nel discorso con l’Altro.


In sintesi:

La domanda è il bisogno che passa attraverso il linguaggio.

In ogni domanda c’è una richiesta d’amore e di riconoscimento.

La risposta dell’Altro non è mai sufficiente: la mancanza resta.

Da quella mancanza nasce il desiderio, che ci costituisce come soggetti.

La domanda, dunque, non è solo comunicazione. È un atto che ci espone all’Altro e ci rende vulnerabili. Ma proprio in questa apertura, si gioca la nostra umanità.



giovedì 31 luglio 2025

👥L’Altro: cosa vuole da me?

 

In Lacan, l’Altro (A) non è solo un’altra persona. È un luogo simbolico: quello da cui proviene il linguaggio, la Legge, il desiderio.

È lo spazio che ci precede, in cui entriamo come soggetti e che ci permette di parlare, pensare, amare, ma anche di essere desiderati e comandati.


L’Altro come luogo del linguaggio

Quando parliamo, non inventiamo le parole. Le prendiamo da A, da ciò che ci è stato trasmesso.

Anche il nostro modo di dire “io” viene da lì.

A è la struttura dell’ordine simbolico, il deposito della lingua, della cultura, del sapere condiviso.

Un bambino dice “papà” perché lo ha sentito dire. Il suo pensiero nasce già immerso nelle parole dell’Altro.


L’Altro come luogo del desiderio

“Il desiderio è il desiderio dell’Altro” – dice Lacan.

Vuol dire che desideriamo guardando il desiderio di A. Cerchiamo di capire cosa l’Altro vuole da noi, oppure desideriamo ciò che lui sembra desiderare.

L’adolescente che si chiede: “Chi devo essere per essere amato?”

In realtà sta chiedendo: “Che cosa vuole A da me?”

Il desiderio non nasce dentro di me in modo puro, ma si struttura nella relazione con questo campo dell’Altro.


L’Altro come luogo della Legge

L’Altro è anche ciò che pone i limiti.

Introduce il “No”, separa il bene dal male, stabilisce la Legge.

È il punto da cui arriva la castrazione simbolica, cioè il taglio che rende possibile desiderare.

Lacan lo collega al Nome-del-Padre (𝑁𝑃): il significante che istituisce la Legge simbolica e interrompe il godimento totale, dando spazio a un desiderio umano.


Ⱥ – L’Altro non è completo

Per Lacan, l’Altro manca: è barrato, scritto così → Ⱥ.

Non ha tutte le risposte, non sa tutto, non possiede un senso pieno.

Quando il soggetto scopre che l’Altro non è onnipotente – come accade, ad esempio, nel passaggio dall’infanzia all’adolescenza – allora può iniziare a desiderare in proprio, non più solo come risposta.

Questa mancanza non è una mancanza da colmare, ma una condizione strutturale: senza Ⱥ non c’è soggetto, ma solo funzionamento.


Il tempo del discorso capitalista

Nel discorso dominante di oggi, quello che Lacan chiama discorso capitalista, l’Altro perde funzione.

Non vieta, non guida, non pone domande. Offre oggetti da godere, soluzioni rapide, prestazioni da ottimizzare.

È un circuito chiuso, che aggira la mancanza.

Il soggetto non incontra più Ⱥ, ma solo un Altro che propone godimento senza limite.

Risultato? Il desiderio si spegne. Resta solo il bisogno, o l’angoscia.


Spunto finale

Il soggetto si costruisce rispondendo all’Altro, ma si umanizza solo quando scopre che l’Altro è mancante.

La sfida oggi è trovare spazi in cui Ⱥ possa riemergere, e con esso il desiderio – singolare, non standardizzato – di ciascuno.


mercoledì 30 luglio 2025

🛠️Lavoro Analitico


Fare un lavoro analitico secondo Jacques Lacan non è semplicemente parlare dei propri problemi. È un’esperienza trasformativa, in cui il soggetto incontra il proprio desiderio e si confronta con il proprio inconscio strutturato come un linguaggio. Non è una cura nel senso medico del termine, ma un percorso di verità.


Il soggetto diviso ($)

Per Lacan, il soggetto dell’inconscio è diviso: non è mai pienamente identico a sé stesso. Lacan lo indica con il simbolo $, chiamato soggetto barrato.
Ad esempio: una persona può dire di voler essere “libera”, ma continuare a ripetere inconsciamente scelte che la rendono dipendente. C’è qualcosa in lei che “parla” oltre le sue intenzioni: l’inconscio.


I significanti (S1 → S2)

L’analisi lavora con le parole: sono i significanti, gli elementi base del linguaggio.
Un primo significante dominante, S1, struttura l’identità del soggetto: può essere “brava bambina”, “responsabile”, “fallito”, “figlio modello”…
Ma S1 da solo non dice nulla: prende senso solo quando viene messo in catena con altri significanti, S2 (sapere, narrazione, discorso).

Il lavoro analitico consiste nel far muovere questi significanti, per aprire nuovi modi di leggere la propria storia. È una trasformazione del discorso.


L’analista come oggetto a

L’analista non è lì per spiegare o consolare. Anzi, si mantiene in una posizione di assenza e vuoto operativo. Lacan la indica con a, l’oggetto causa del desiderio.
Non è ciò che il soggetto desidera, ma ciò che fa desiderare.

Esempio: una paziente racconta sempre la stessa scena d’infanzia, aspettandosi che l’analista dica “è colpa dei tuoi genitori”. Invece, l’analista tace, o rilancia una parola ambigua. Questo fa emergere qualcosa d’altro, oltre la lamentela: il suo desiderio.


Intervento sull’inconscio

L’analisi non segue una logica lineare, ma si muove per lapsus, scherzi, silenzi, tagli interpretativi. Il tempo non è cronologico, ma tempo logico: può bastare una frase o un gesto per cambiare tutto.

Il soggetto incontra così un vuoto, un buco nel sapere, legato alla castrazione simbolica (Φ): il riconoscimento che non c’è un sapere completo o un godimento totale. Questo limite apre la possibilità di desiderare davvero.


Dal moi all’analizzante ($)

All’inizio, il soggetto parla come Io (moi), cercando coerenza e approvazione. Ma nel tempo, qualcosa cambia: inizia ad ascoltare l’inconscio, a smascherare il proprio fantasma, a separarsi da ideali imposti.
L’analisi termina quando il soggetto assume il proprio desiderio (non quello dell’Altro), e può abbandonare il transfert sull’analista.


Spunto finale

L’analisi in Lacan non è una normalizzazione, ma un’etica del desiderio: diventare responsabili della propria posizione nel discorso. Non per essere “felici”, ma per vivere in verità, anche con i propri enigmi.


🔑Il Fallo (Φ): che cos'è?


Nel linguaggio di Lacan, il Fallo (Φ) non è il pene, né un oggetto sessuale.
È un simbolino speciale, che rappresenta quello che manca a tutti. Nessuno ce l’ha davvero, ma tutti lo desiderano.
Per Lacan, il Fallo è un significante: cioè un segno che rappresenta il desiderio dell’Altro (A).
L’Altro (con la A maiuscola) è il mondo del linguaggio, della cultura, delle regole.
Il soggetto si chiede sempre: "Che cosa vuole l’Altro da me?"
Il Fallo (Φ) è il tentativo di rispondere a questa domanda.


Avere o essere il Fallo?

Lacan dice che ci sono due posizioni simboliche:

  • Chi si sente come uno che ha il Falloha (Φ)
  • Chi si sente come uno che è il Falloè (Φ)

Ma attenzione! Nessuno ha davvero il Fallo, e nessuno è il Fallo.
È solo una questione di posizione nel linguaggio.

Esempio: un bambino può credere di essere tutto per la madre → si sente il suo Fallo.
Oppure può pensare che il padre abbia il Fallo → cioè il potere, la legge, l’autorità.

Qui entra in gioco il Nome-del-Padre (🄿), che introduce il limite, cioè la castrazione simbolica.


Castrazione simbolica

Castrazione, per Lacan, non è qualcosa di fisico, ma un passaggio simbolico.
Vuol dire rinunciare a essere o ad avere il Fallo per poter entrare nel mondo del linguaggio, della legge, del desiderio.

La castrazione simbolica ci fa capire che non possiamo essere tutto per l’Altro, e che qualcosa ci mancherà sempre.

Ma proprio questa mancanza ci fa desiderare.
Se avessimo già tutto, non ci sarebbe desiderio!


Oggetto a (𝒶): la causa del desiderio

Attenzione: il Fallo (Φ) non è l’oggetto che si desidera.

L’oggetto a (𝒶) è ciò che mette in moto il desiderio.
Non è quello che vogliamo raggiungere, ma ciò da cui nasce il desiderio.
È un piccolo pezzo mancante, un “resto” lasciato dal passaggio al linguaggio.
Può essere ad esempio: una voce, uno sguardo, il seno, le feci...

L’oggetto a (𝒶) è la causa del desiderio, non il suo fine.
Non lo vogliamo possedere: desideriamo a partire da lui.


Nel mondo di oggi: discorso capitalista ($)

Nel nostro tempo, domina il discorso capitalista ($), che promette godimento illimitato: soldi, oggetti, successo.

Ma così facendo, cancella la mancanza.
Ci illude che il desiderio possa essere soddisfatto del tutto.
Risultato? Più consumiamo, più ci sentiamo vuoti.


Spunto finale 

Il Fallo (Φ) è un segno di ciò che ci manca.
Non dobbiamo cercare di possederlo o di essere tutto per l’Altro.
Il desiderio nasce dal limite, e si mette in moto grazie all’oggetto a (𝒶).

In fondo, non viviamo per avere tutto, ma per desiderare qualcosa di nostro.

🎯Oggetto a: il piccolo resto che ci muove

 

In psicoanalisi lacaniana, l’oggetto a (si legge “a minuscola”) è uno dei concetti più complessi e affascinanti. Non è un oggetto nel senso comune del termine, come un libro o una sedia. È piuttosto un oggetto perduto, un resto, qualcosa che non si può mai possedere ma che ci fa desiderare.


Cos’è l’oggetto a?

Lacan lo definisce come l’oggetto causa del desiderio. Non è l’oggetto che desideriamo, ma ciò che fa nascere il desiderio. È come il profumo di un piatto che ci attira prima ancora di sapere esattamente cos’è.

Per esempio:

Un bambino desidera l’amore della madre. Ma non è solo la madre come persona a essere desiderata. È qualcosa in lei che sfugge, che non è mai tutto accessibile: questo “mancante” è l’oggetto a.

Non è la meta del desiderio, ma il motivo per cui il desiderio non si ferma mai.


Dove nasce l’oggetto a?

Lacan collega l’oggetto a alla castrazione simbolica 🪚: quel momento in cui il soggetto entra nel linguaggio e perde l’unione immaginaria con l’Altro (per esempio, con la madre). In questo passaggio, qualcosa si perde per sempre. Ma proprio questa perdita fonda il desiderio.

L’oggetto a è il resto di questa operazione: qualcosa che non entra mai del tutto nel simbolico (nel linguaggio), e resta come punto di attrazione.


Le forme dell’oggetto a

Lacan ne elenca alcune versioni tipiche:

Seno: il primo oggetto perduto per il bambino, simbolo della relazione con la madre.

Feci: oggetto espulso dal corpo, simbolo di una perdita che però viene offerta all’Altro.

Sguardo: non quello che vediamo, ma il sentire di essere visti.

Voce: non le parole, ma il suono che ci colpisce al di là del significato.

Questi oggetti non sono mai totalmente padroneggiabili. Sono frammenti, scarti, residui del godimento (jouissance), che però ci attraggono.


Esempi quotidiani

Un artista che continua a dipingere nel tentativo di catturare quel qualcosa che sfugge alla tela: l’oggetto a è lì, nel vuoto che lo spinge a continuare.

Innamorarsi spesso significa proiettare sull’altro una mancanza, un mistero che ci muove: non amiamo l’altro per ciò che è, ma per ciò che ci fa mancare.

Anche l’uso compulsivo del telefono può essere legato a un oggetto a: cerchiamo qualcosa che non arriva mai del tutto, che ci tiene agganciati.


Perché è così importante?

Per Lacan, l’oggetto a è ciò che permette al soggetto di non essere ridotto a ingranaggio del discorso del padrone o del discorso capitalista. È ciò che buca il senso, che resiste alla cattura totale, e che può aprire uno spazio al desiderio vero.


Spunto conclusivo:

Riconoscere l’oggetto a nella nostra esperienza ci aiuta a capire che non tutto può essere riempito, spiegato o consumato. E che, forse, è proprio in questa mancanza irriducibile che può emergere qualcosa di autentico nel nostro desiderare.



🏛️Il Significante Padrone (S1)


Nel pensiero di Lacan, il Significante Padrone è un concetto chiave per comprendere come si struttura il soggetto nel linguaggio e nella società.


Cosa significa “Significante Padrone” (S1)?

Il Significante Padrone (che Lacan indica con il simbolo S1) è il primo significante che permette al soggetto di entrare nel mondo simbolico, quello del linguaggio, della cultura e delle leggi.

È il nome, il titolo, il simbolo d’autorità che fonda un ordine di senso.

È quello che dà forma al discorso, ma non ha senso da solo. Per “funzionare”, ha bisogno di essere legato ad altri significanti.


Esempio semplice:

Un bambino viene chiamato “bravo”, “pigro”, “figlio di...”, “italiano”, “maschio”, “speciale”.

Queste parole diventano S1: etichette che lo definiscono, anche inconsciamente.

Il soggetto si costruisce attorno a questi S1, senza sceglierli: li eredita, li riceve, li subisce.


Il rapporto tra S1 e S2

Lacan scrive così:

S1 → S2

S2 è il sapere, l’insieme dei significanti che sviluppano il discorso (la scuola, la scienza, la cultura, i consigli, le norme).

Ma S1 è ciò che comanda il discorso. È l’origine, il punto da cui parte tutto, anche se non dice niente di preciso.



S1 come punto fermo (ma anche limite)


Il Significante Padrone serve per:

Dare unità al soggetto

Offrire un’identità

Sostenere il legame sociale


Ma è anche:

Un punto di fissazione

Un comando muto

Un limite al desiderio


Esempi di S1 nel sociale

“Liberté, Égalité, Fraternité” → S1 che fonda la Repubblica

“Dio” → S1 in un discorso religioso

“Merito” → S1 nel discorso neoliberale

“Virilità” → S1 nella cultura patriarcale


E per il soggetto?

Quando qualcuno dice:

“Io sono un fallito”

“Io sono un artista”

“Sono quello che lotta sempre”

sta parlando da un S1 che lo definisce, lo sostiene… e a volte lo incatena.


Il problema? S1 non dice tutto

L’S1 non spiega chi siamo davvero. È solo una punta dell’iceberg.

Il soggetto è diviso (⧸) perché non può mai coincidere del tutto con quel significante.

È lì che nasce il desiderio: dal fatto che qualcosa manca sempre tra S1 e ciò che siamo davvero.


S1 e l’Oggetto a

Per Lacan, il desiderio non è verso un oggetto, ma causato da un’assenza:

l’oggetto a = oggetto causa del desiderio.

L’S1, imponendosi, copre questa mancanza, ma non la colma.

È per questo che il soggetto cerca, desidera, si muove…


Spunto conclusivo

Il Significante Padrone non è solo un “titolo” esterno, ma ci abita.

Comprenderlo aiuta a sciogliere legami troppo rigidi e a riaprire lo spazio del desiderio.

Un lavoro analitico è, in fondo, mettere in questione l’S1 che ci comanda.

E forse, iniziare a parlare da un altro punto.




✂️Castrazione simbolica in parole semplici

Perché non possiamo avere tutto (e va bene così)


Che cos’è la castrazione simbolica?
In Lacan, la castrazione simbolica non riguarda il corpo, ma il mondo del linguaggio e del desiderio.
Significa capire che non possiamo essere tutto per l’Altro, né avere tutto il godimento possibile.
È un limite che ci fa entrare nel mondo umano, fatto di mancanze e desideri.


Il bambino e la madre
All’inizio il bambino vive in una fusione con la madre, come se lei fosse tutta per lui.
Poi scopre che la madre desidera altro e che c’è una legge, rappresentata dal Nome-del-Padre (S₁ 🝑), che segna un confine.
Questa scoperta è la castrazione simbolica: capire che la madre non è tutta per lui.


La mancanza e il fallo simbolico (–Φ)
La castrazione introduce la mancanza, rappresentata da Lacan con il simbolo –Φ (fallo simbolico).
Non è un organo, ma un segno di ciò che manca all’Altro e che dà origine al desiderio.
La mancanza è ciò che spinge il soggetto a desiderare.


Il soggetto diviso ($) e il desiderio (D̶)
Dopo la castrazione, il soggetto diventa diviso ($), cioè non più pieno e completo.
Questa divisione è la base del desiderio (D̶): desideriamo proprio perché manca qualcosa.
Senza mancanza, il desiderio non esisterebbe.


Esempio semplice
Un ragazzo cerca di essere sempre perfetto per piacere a tutti, ma si sente vuoto.
Solo quando accetta di non poter essere tutto per l’altro, inizia a desiderare in modo autentico e a stare meglio con sé stesso.


Godimento (jouissance) e oggetto piccolo a (a)
Il godimento è un’esperienza di piacere che può essere anche eccessiva o dolorosa.
L’oggetto piccolo a (a) è ciò che Lacan chiama “oggetto causa del desiderio”: un piccolo “pezzo mancante” che cerchiamo per colmare la mancanza, ma che non possiamo mai possedere del tutto.
Il godimento è la spinta che nasce dal desiderio legato a questo oggetto.


Quando la castrazione viene negata
Oggi spesso si crede di poter avere tutto e godere senza limiti.
Questo è il discorso capitalista, dove il soggetto diviso ($) cerca il godimento (a) senza freni.
Ma senza accettare la castrazione, si cade in ansia, stress e insoddisfazione.


Conclusione
Accettare la castrazione simbolica (–Φ) è importante per diventare soggetti autentici.
Solo riconoscendo che qualcosa manca, possiamo davvero desiderare e costruire relazioni vere.


📚Il sapere: quello che sappiamo… senza saperlo

Per Lacan, il sapere non è semplicemente qualcosa che si studia a scuola o si memorizza. Esiste un sapere che ci attraversa, ci struttura, ma non è sotto il nostro controllo. È il sapere dell’inconscio.

Hai mai detto qualcosa che ti ha sorpreso? O fatto un sogno che sembrava parlare di te più di quanto tu potessi spiegare?
Ecco, per Lacan il sapere è lì. È ciò che parla attraverso di noi, anche quando non lo vogliamo.


S₂: il sapere che viene dall’Altro

Lacan usa il simbolo S₂ per indicare il sapere. Non si tratta del sapere “cosciente”, ma di una rete di parole, idee, frasi, regole che abbiamo interiorizzato nel tempo: dai genitori, dalla scuola, dalla cultura.

Questo sapere è nell’Altro: nella lingua, nella società, in chi ci ha cresciuto e parlato prima che potessimo capire.

Un bambino impara a dire “bravo” o “cattivo” ben prima di sapere cosa significano davvero: le parole sanno di lui prima che lui sappia di sé.


Come nasce questo sapere?

Il sapere non arriva da solo: nasce quando una parola fondamentale – che Lacan chiama S₁, un “significante padrone” – si impone e dà senso alle altre.

Ad esempio: se per qualcuno “valere” significa “essere utile”, tutto il suo sapere (S₂) sarà costruito su questo: cercherà di essere efficiente, si sentirà in colpa se si ferma, interpreterà tutto in funzione del fare.

S₁ → S₂ significa proprio questo: una parola organizza tutto il nostro sapere.


Il soggetto e il sapere che lo eccede

Lacan indica il soggetto con $ (una “S” barrata), per dire che è diviso, non pienamente padrone di sé.
Una parte di noi sa cose che l’altra non vuole sapere.

 Un esempio: una persona dice “Non posso venire, ho mal di testa”, ma dimentica che aveva appena detto di star benissimo. Il corpo parla, ma non secondo la logica cosciente.
È un sapere che “sfugge”, che si manifesta nei sintomi, nei lapsus, nei sogni.


 Quando il sapere diventa rigido

Nel discorso dell’università o della burocrazia, il sapere (S₂) prende il comando: tutto deve essere catalogato, spiegato, controllato. Ma il rischio è che il sapere venga usato per addomesticare il soggetto, ridurlo a prestazione o comportamento.

È un sapere senza desiderio, che può lasciare il soggetto vuoto, spento.


 Un sapere che trasforma

In analisi, però, il sapere può essere diverso. Quando qualcuno si mette in parola, non ripete solo ciò che ha imparato, ma comincia a scoprire qualcosa di nuovo su di sé.
Non è un sapere che serve a controllare, ma che apre domande, che fa nascere un desiderio.


 Conclusione

Per Lacan, il sapere non è una proprietà da accumulare, ma una via per incontrare il proprio enigma.
Non tutto si può sapere. Ma si può imparare ad ascoltare ciò che già sappiamo, in modo diverso.


martedì 29 luglio 2025

📜 Il Simbolico: come il linguaggio ci costruisce


Cos’è il Simbolico?

Per Jacques Lacan, il Simbolico è il mondo del linguaggio, della legge, delle regole invisibili che strutturano la nostra vita. Non lo vediamo, ma ci attraversa. È come l’impalcatura che regge una casa: non si nota, ma senza di essa tutto crollerebbe.

 Esempio: Quando diciamo “sono un insegnante” o “sono figlio”, stiamo usando parole che ci danno un posto nel mondo. Non siamo solo carne e ossa: siamo anche quello che diciamo e che gli altri ci dicono di essere.


 Il Nome-del-Padre: la porta d’ingresso

Il Simbolico ha una chiave di accesso: il Nome-del-Padre. Non è solo il papà reale, ma una funzione: rappresenta la legge che ci separa dalla fusione originaria con la madre.

 Esempio: un bambino molto piccolo vuole essere tutto per la madre. Ma a un certo punto scopre che la madre desidera qualcos’altro (il padre, il lavoro, il mondo). Questo “no” lo taglia da lei e lo spinge a desiderare altrove. È lì che nasce il soggetto umano.

Lacan chiama questo passaggio castrazione simbolica: non è qualcosa che si perde, ma qualcosa che si accetta – il limite, il non essere tutto.


 Il linguaggio ci parla

Nel Simbolico, il soggetto è “parlato”. Non siamo padroni del linguaggio: il linguaggio ci attraversa, ci precede, ci nomina.

  Esempio: prima che un bambino nasca, spesso ha già un nome. Quando arriva, viene già incluso in una rete di parole, ruoli e aspettative (“sarai un bravo ragazzo”, “tu sei come tuo nonno”). Il soggetto nasce dentro questo mondo di parole.

Da questa mancanza di coincidenza tra parole e realtà nasce il desiderio: non possiamo mai dire tutto, e non possiamo mai avere tutto. E questo ci muove.


Simbolico, Immaginario e Reale: tre registri

Lacan articola la psiche in tre registri:

Immaginario: le immagini, le identificazioni, lo specchio.

Esempio: un bambino che si guarda allo specchio e si riconosce.

Simbolico: la legge, il linguaggio, le strutture sociali.

Esempio: le regole familiari (“a tavola si sta seduti”), i nomi propri.

Reale: ciò che sfugge al linguaggio, l’impossibile da dire.

Esempio: un trauma che non si riesce a raccontare.


Nel lavoro clinico o educativo, spesso si tratta di ricucire questi tre fili, là dove qualcosa si è rotto: un soggetto che non trova più senso nelle parole (crisi simbolica), che si perde in immagini ideali, o che viene colpito da un reale ingestibile (angoscia, sintomo).


In sintesi

Il Simbolico è l’ordine del linguaggio e della legge.

Ci dà un posto nel mondo, ma ci impone anche limiti.

Il soggetto umano nasce dal linguaggio e dal desiderio che ne deriva.

Il lavoro analitico aiuta a rientrare nel Simbolico dove è saltato il nodo.





⚫La Mancanza che ci fa essere

 

Perché siamo umani proprio perché ci manca qualcosa

Ci sentiamo spesso incompleti, sbagliati, mai del tutto soddisfatti.

Ma se fosse proprio questa mancanza a renderci veramente umani?

Viviamo inseguendo qualcosa che sembra sempre sfuggire: un amore, un ruolo,  un riconoscimento.

E ogni volta che pensiamo di averlo trovato... qualcosa non torna.

In una società che ci vuole sempre “pieni” e performanti, la mancanza sembra un difetto.

E invece, per Jacques Lacan, la mancanza è il cuore del nostro essere:

> Non siamo danneggiati perché ci manca qualcosa. Siamo soggetti proprio perché qualcosa ci manca.


Il linguaggio ci costruisce… ma lascia un buco

Non nasciamo con un’identità pronta.

È il linguaggio che ci forma: ci dà un nome, ci inserisce in un mondo di significati, regole, attese.

Ma ogni parola detta lascia fuori qualcos’altro: qualcosa di noi non entra mai completamente nel discorso.

Questa parte mancante non è un errore.

È il segno di ciò che non si può dire del tutto, e che continuerà a muoverci.


> “Il desiderio è la metonimia della mancanza ad essere.”

— Jacques Lacan, “Scritti”


Desideriamo perché ci manca qualcosa

Il desiderio umano non mira solo agli oggetti, ma a qualcosa che ci completi nell’essere.

Vogliamo sentirci riconosciuti, amati, visti.

Ma questo riconoscimento non è mai definitivo.

Perciò il desiderio non si spegne: si sposta, torna, si reinventa.

Lacan chiama “oggetto a” il piccolo oggetto mancante, mai afferrabile, che mantiene vivo il desiderio.

Non è un oggetto concreto, ma un vuoto attorno al quale ruotiamo.


Esempio: “Mi manca qualcosa…

X. ha 32 anni. Una relazione stabile, un buon lavoro, una vita che “funziona”. Eppure, una sera dice:

> “Mi sembra di avere tutto… ma sento che manca qualcosa.”

Non è un problema clinico: è il segno che il desiderio non finisce con l’appagamento.

È il soggetto che continua a cercare senso.



Una mancanza generativa

✔️ Un insegnante insegna

✔️ Un’artista crea

✔️ Un terapeuta ascolta

Non perché sono “completi”, ma perché qualcosa manca — e vuole passare.

La mancanza non è solo assenza.

È la spinta a parlare, amare, agire.


Conclusione 

Non siamo soggetti “difettosi”:

Siamo soggetti desideranti.

La mancanza è motore di vita, non un limite da eliminare.

.





🔄Il Transfert: desiderio, sapere e incontro analitico


Cos’è il transfert?

Il transfert è quel fenomeno per cui una persona sposta inconsciamente emozioni e desideri del passato su un’altra figura nel presente, come l’analista. Ma per Jacques Lacan, il transfert non è solo un errore di attribuzione affettiva: è un motore strutturale della cura, strettamente legato al desiderio e al sapere.


Da Freud a Lacan

Freud lo scopre osservando che i pazienti si attaccano affettivamente all’analista, ripetendo dinamiche infantili.

Lacan lo ripensa: il transfert non è un ostacolo, ma il cuore della situazione analitica, il luogo dove si gioca la domanda inconscia.


Il transfert è una domanda d’amore

Per Lacan, ogni transfert è una domanda rivolta all’Altro:

> “Chi sono per te? Mi ami? Sono desiderabile?”

È la scena in cui il soggetto spera di decifrare il proprio enigma attraverso la relazione con l’analista.


Il soggetto supposto sapere

In analisi, attribuiamo all’analista il ruolo di chi sa qualcosa di noi che noi ignoriamo.

Questo è il soggetto supposto sapere (S.s.S.):

L’analista non è “una persona saggia”, ma occupa una posizione simbolica, da cui il soggetto spera emerga un sapere sul proprio desiderio.


Esempio clinico

Una ragazza entra in analisi per difficoltà affettive. Dopo qualche mese:

sogna l’analista come un padre affettuoso

oppure lo accusa di essere distante, “freddo” come il padre vero

Qui, il transfert riattiva il passato nel presente. Non riguarda l’analista in sé, ma l’uso simbolico che il soggetto fa di lui per mettere in scena il proprio desiderio.


Ripetizione o apertura?

Il transfert ripete qualcosa (come Freud diceva),

ma Lacan aggiunge: può anche aprirsi a una verità nuova, se l’analista:

non risponde come oggetto d’amore

non colma il vuoto del sapere

sostiene la mancanza, per far emergere il desiderio autentico del soggetto.


La posizione etica dell’analista

Per Lacan, l’analista non deve farsi amare, né farsi “sapiente”,

ma sostenere il transfert fino al suo punto di caduta:


> Dove il soggetto non cerca più il sapere nell’Altro, ma scopre il proprio desiderio.


Conclusione

Il transfert in Lacan è un ponte tra il desiderio inconscio e la parola.

È il luogo in cui qualcosa del soggetto può emergere nella relazione, ma solo se l’analista non lo blocca col suo sapere, né col suo amore.

È un gioco di specchi dove, se non si cade nella trappola, si può scorgere un’immagine nuova di sé.


Spunto finale

Come si manifesta il transfert nei rapporti educativi, scolastici o sociali? In che modo l’adulto viene investito del “sapere sul mio destino”? 



👤Soggetto


Nel pensiero di Lacan, il soggetto non è l’“io” che pensa, sceglie, decide. Quello che normalmente chiamiamo “me stesso” è in realtà una costruzione dell’immaginario: un’immagine coerente e rassicurante che serve a stabilizzare la nostra identità. Ma il soggetto vero, per Lacan, è diviso, mancante e inconscio.


Il soggetto è effetto del linguaggio

Lacan afferma: “Il soggetto è ciò che un significante rappresenta per un altro significante”. In parole semplici, noi esistiamo come soggetti solo attraverso il linguaggio. Non siamo soggetti prima di essere nominati: prima di dire “io”, qualcun altro ha già parlato di noi, ci ha chiamato, definito, aspettato.

Esempio: un bambino a cui i genitori dicono continuamente “sei buono” o “sei problematico” finirà per interiorizzare queste parole come parte di sé. Il soggetto si forma quindi nel discorso dell’Altro (i genitori, la scuola, la società), prima ancora di potersi dire autonomamente.


Il soggetto è diviso ($)

Lacan introduce il concetto di soggetto barrato (𝑆̷) per indicare che il soggetto non coincide mai del tutto con l’immagine che ha di sé. È diviso tra il piano cosciente e quello inconscio, tra ciò che dice e ciò che lo determina a sua insaputa.

Esempio: una persona può dire di voler una cosa — un certo lavoro, una certa relazione — ma poi fare qualcosa che va in direzione opposta. L’inconscio agisce, e mostra che quel desiderio cosciente non era proprio “il suo”. Il soggetto non è padrone in casa propria.


Il soggetto si manifesta nel sintomo, nel lapsus, nel sogno

Il soggetto vero, dice Lacan, “è l’inconscio”. Non si mostra dove parliamo consapevolmente, ma dove sbagliamo, dove sogniamo, dove il corpo esprime qualcosa che la mente non vuole dire. Il sintomo, in questa logica, non è un errore da correggere, ma una traccia del soggetto.

Esempio: una persona che soffre di balbuzie solo quando parla con figure autoritarie potrebbe rivelare un conflitto profondo con l’autorità — qualcosa che ha a che fare con il padre, con la legge simbolica, con il desiderio dell’Altro. Il corpo parla là dove il soggetto cosciente tace.


Il soggetto del desiderio

Il soggetto, nel suo punto più profondo, è legato al desiderio. Ma il desiderio non è un bisogno qualsiasi: è ciò che resta dopo che i bisogni sono stati soddisfatti. È ciò che non si colma mai del tutto, che ci spinge a cercare, creare, amare, perdere.

Esempio: si può avere tutto ciò che si desiderava razionalmente — casa, lavoro, relazione stabile — e sentire comunque un vuoto. Quel vuoto è il segno del desiderio, che non si lascia ridurre a oggetti o successi.


Conclusione

Per l’orientamento lacaniano, il soggetto non è un’identità da costruire né un “sé” da realizzare. È un vuoto strutturale, una posizione nel linguaggio, una mancanza che parla attraverso i segni del corpo e del discorso. L’analisi non mira a rafforzare l’Io, ma ad ascoltare ciò che nel soggetto eccede ogni identificazione: il desiderio.



🌌L’Inconscio


Jacques Lacan riprende Freud, ma lo rilegge in chiave linguistica. Per lui, l’inconscio non è un “luogo” nascosto, ma un discorso che parla nel soggetto. La sua frase celebre è:

 

“L’inconscio è strutturato come un linguaggio” 


L’inconscio parla

L’inconscio si manifesta nei sogni, nei lapsus, nei sintomi, negli atti mancati. È una parte di noi che parla senza che noi lo vogliamo, spesso in modo strano o scomodo.

Esempio:
Vuoi dire “mi fa piacere” ma ti esce “mi fa pena”. È un lapsus: l’inconscio ha detto la sua.


L’Altro e il Simbolico

Secondo Lacan, il soggetto nasce dentro un mondo già fatto di parole, divieti, nomi. Questo mondo è il Simbolico: l’insieme di leggi e linguaggio che ci precede.

L’inconscio è il discorso dell’Altro :
quello che i genitori, la cultura, la società hanno detto su di noi prima ancora che parlassimo.


Funziona come una lingua

L’inconscio funziona come il linguaggio:

  • non è un caos, ma ha regole (come le metafore e le metonimie)
  • si esprime con significanti: parole che ci segnano e ci formano

Esempio:
Un bambino chiamato sempre “incapace” può costruire un’intera identità attorno a quel significante padrone (S1).


Il soggetto non è trasparente a sé

Per Lacan, non esiste un “Io” completamente cosciente. C’è sempre una parte di noi che ci sfugge: il soggetto dell’inconscio.

Questa divisione è strutturale: è nel linguaggio che il soggetto si costruisce… ma perde sempre qualcosa di sé.


In breve

Concetto   Spiegazione
L’inconscio parla
Attraverso sogni, sintomi, lapsus
Discorso dell’Altro
Il linguaggio dell’Altro ci costituisce
Struttura linguistica
L’inconscio funziona come una lingua
Soggetto diviso
C’è sempre una parte che ci sfugge


L’inconscio, per Lacan, non è dentro di noi: siamo noi a essere dentro un linguaggio che ci attraversa.

Ascoltarlo è il primo passo per conoscere ciò che davvero ci fa desiderare.



🌠Il Desiderio: un viaggio nella mente


Il desiderio è uno dei concetti chiave nella teoria di Jacques Lacan, psicoanalista francese del ‘900. Ma cosa intende Lacan quando parla di desiderio? Non è semplicemente il voler qualcosa o il bisogno di possedere un oggetto, come comunemente si pensa. Il desiderio per Lacan è più sottile, complesso e profondo.


La mancanza e il desiderio 

Lacan dice che il desiderio nasce dalla mancanza (∅), qualcosa che ci fa sentire incompleti. Questa mancanza è insita nella nostra stessa struttura psichica. Non desideriamo mai un oggetto perché ce l’abbiamo o perché possiamo davvero possederlo pienamente, ma proprio perché manca. È come un fuoco che arde sempre, che non si spegne mai del tutto.

Esempio: pensa a quando desideri una persona o un traguardo: più ti avvicini, più il desiderio si sposta, si trasforma, non si spegne mai.


Desiderio ≠ Bisogno ≠ Domanda

Lacan distingue tra:

  • Bisogno (bisogno corporeo, fame, sete) 🍽️
  • Domanda (quando chiediamo qualcosa, anche per amore o attenzione) 
  • Desiderio (qualcosa di più profondo, legato all’inconscio e alla mancanza) 💭

Il bisogno si può soddisfare; la domanda può essere esaudita. Il desiderio, invece, resta sempre aperto, insoddisfatto, perché è legato al linguaggio e all’Altro (gli altri, la cultura, il simbolico).


Il ruolo del linguaggio

Lacan dice che il soggetto nasce nel linguaggio, dentro una rete di parole e significati. Il desiderio si struttura nel simbolico, cioè nella dimensione del linguaggio e delle relazioni sociali. È l’Altro (l’insieme dei significati e delle figure che ci circondano) a creare il desiderio.

Esempio: un bambino vuole la mela rossa perché l’ha vista nel mondo degli adulti, attraverso il linguaggio e le regole. Il desiderio si forma dentro quel contesto.


Il desiderio come desiderio dell’Altro 

Non desideriamo solo cose, ma desideriamo essere desiderati. Il desiderio è sempre il desiderio dell’Altro che ci guarda, ci riconosce. Questa dimensione relazionale è cruciale per Lacan.

Esempio: nel corteggiamento, spesso desideriamo qualcuno perché sappiamo che quella persona ci desidera o potrebbe desiderarci. Il desiderio si nutre dello sguardo e dell’attenzione dell’altro.


Il desiderio è inestinguibile 

Poiché il desiderio nasce dalla mancanza, e la mancanza non può essere mai colmata del tutto, il desiderio è una forza in continuo movimento, sempre attiva.

Questo spiega perché, anche quando otteniamo qualcosa che volevamo, spesso non siamo del tutto soddisfatti e cerchiamo altro.


Citazione di Lacan 

«Il desiderio è la freccia del desiderio: l’uomo desidera ciò che desidera l’Altro.»
(Jacques Lacan, Gli scritti)


Conclusione

Il desiderio lacaniano non è mai un semplice volere. È una dinamica profonda legata alla mancanza, al linguaggio e all’Altro. Capire il desiderio ci aiuta a comprendere meglio i nostri impulsi, i nostri sentimenti e le nostre relazioni. È come un viaggio dentro noi stessi e gli altri, dove la mancanza diventa motore di vita e movimento.


🧭Etica del desiderio


L’etica del desiderio, nel pensiero di Jacques Lacan, si distingue radicalmente da ogni forma di morale tradizionale fondata su norme, doveri o ideali collettivi. Essa si radica invece nel rapporto singolare che il soggetto ha con il desiderio inconscio, ovvero con ciò che lo struttura nel profondo, al di là delle sue intenzioni coscienti.

 

“L’unica cosa di cui si può essere colpevoli è di aver ceduto sul proprio desiderio”
(Lacan, Seminario VII)

 

Questa frase, ormai celebre, esprime il nocciolo etico della psicoanalisi: non cedere, non tradire ciò che nel desiderio costituisce la nostra verità soggettiva più radicale.
Ma attenzione: Lacan non intende il desiderio come voglia, capriccio o bisogno da soddisfare, bensì come una mancanza strutturale che orienta il soggetto verso qualcosa che resta sempre, in parte, irraggiungibile.

Il desiderio è sempre il desiderio dell’Altro: è inscritto nel linguaggio e nella relazione, mai totalmente padroneggiabile.


Etica, non morale

L’etica del desiderio non dice al soggetto cosa deve fare, ma lo interroga:
Qual è il tuo desiderio?

 Non si tratta di un progetto di vita, ma di ciò che ti attraversa, ti muove, ti eccede, anche quando non lo comprendi pienamente. Lacan propone una clinica dell’atto, in cui la responsabilità consiste nell’assumere le conseguenze del proprio atto, anche quando rompe con l’ideale dell’Io o con l’immaginario sociale.


Desiderio e Legge

Paradossalmente, è solo nella Legge simbolica che il desiderio prende forma:
Non c’è desiderio senza interdizione, come quella dell’incesto nella struttura edipica.

L’etica lacaniana non mira a "liberare" il desiderio, bensì a disincagliarlo dagli ideali e dalle identificazioni che lo soffocano.


  Esempi clinici e culturali

Un paziente può dire: “Vorrei cambiare vita, ma ho paura di deludere i miei genitori.”
Qui la rinuncia al desiderio autentico è un cedimento all’ideale dell’Altro.
 L’analisi mira a sciogliere questi legami inconsci, non per “spingere all’azione”, ma per far sì che il soggetto assuma ciò che lo abita, anche se non ha nome.

 Nel mito di Antigone, che Lacan analizza nel Seminario VII, vediamo un esempio estremo:
Antigone non cede sul proprio atto, anche a costo della vita.
Non è un’eroina morale, ma una figura etica perché resta fedele al suo desiderio.


 Spunto conclusivo

L’etica del desiderio ci chiede di ascoltare quella parte di noi che non si lascia ridurre né al dovere né al piacere immediato.
È un invito a interrogarsi su ciò che davvero conta per noi, anche quando non si lascia dire.

 In un mondo dove il desiderio è spesso catturato dalla performance o dal consumo, questa etica riapre uno spazio di libertà soggettiva, fragile ma irriducibile.

⚖️La Legge simbolica: il Nome-del-Padre e la regola del desiderio


In Jacques Lacan, la legge simbolica è una struttura invisibile che organizza il nostro rapporto con il mondo, con gli altri e con il nostro stesso desiderio. Non si tratta di una legge giuridica o morale, ma di un ordine simbolico che si impone attraverso il linguaggio, e che regola l'accesso del soggetto alla vita sociale e al desiderio umano.


Dalla natura alla cultura: l'ingresso nel simbolico

Per Lacan, ogni essere umano nasce nella sfera del bisogno (fame, calore, protezione), ma solo attraverso il linguaggio può articolare una domanda rivolta all’Altro. Quando il bambino chiede — ad esempio “ho fame” — non sta solo chiedendo cibo, ma anche riconoscimento. È in questo passaggio dalla natura alla parola che entra nella legge simbolica.

Esempio: un bambino non piange solo per il latte, ma per essere visto dalla madre. Il bisogno diventa domanda: è già regolato simbolicamente.


Il Nome-del-Padre: il significante della legge

La legge simbolica è incarnata nel concetto lacaniano di Nome-del-Padre. Questo non si riferisce necessariamente al padre biologico, ma al significante che introduce la regola, il divieto, la castrazione simbolica. È il “no” che separa il bambino dalla fusione con la madre e che lo fa entrare nel mondo del desiderio.

 La castrazione simbolica non va intesa in senso biologico, ma come perdita fondatrice: il soggetto deve rinunciare a una pienezza immaginaria per accedere al desiderio e al legame sociale.

Esempio: il divieto dell’incesto nella cultura è una forma di legge simbolica universale. Dice “non puoi avere tutto”, e proprio per questo nasce il desiderio.


Il complesso di Edipo: la porta d’ingresso alla legge

Il complesso di Edipo, secondo Lacan, è il momento strutturante in cui il bambino entra pienamente nella legge simbolica. Non si tratta solo di desiderare la madre e temere il padre (come in Freud), ma di accettare la funzione del Nome-del-Padre, che introduce il divieto e allo stesso tempo la possibilità del desiderio umano.

Quando il bambino è separato dalla madre da una figura terza (padre, istituzione, Altro simbolico), incontra la castrazione simbolica: capisce di non essere tutto per l’Altro. Questo non lo distrugge, ma lo costituisce come soggetto del desiderio.

Esempio: un bambino che vuole dormire nel letto della madre, ma viene portato nel proprio lettino. Questo gesto non è solo educativo, ma simbolico: segna una separazione che apre al riconoscimento e alla soggettivazione.

L’Edipo è dunque il passaggio dal godimento immediato alla mediazione simbolica. Il soggetto si colloca nel linguaggio, accetta la mancanza, e può iniziare a desiderare.


La legge è nel linguaggio

Secondo Lacan, “l’inconscio è strutturato come un linguaggio”. Questo vuol dire che anche il desiderio, il senso, le regole che seguiamo sono tutti effetti del simbolico. La legge simbolica è quindi ovunque: nella grammatica delle relazioni, nei ruoli sociali, nei rituali, nelle istituzioni.

Esempio: chiamare qualcuno “madre” o “professore” implica riconoscere una posizione simbolica, non solo una persona reale.


Legge e desiderio

Una delle intuizioni più importanti di Lacan è che la legge non reprime semplicemente il desiderio, ma lo costituisce. Senza limite non ci sarebbe desiderio, ma solo godimento cieco. È proprio la proibizione che fa nascere il desiderio umano come desiderio dell’Altro.

Esempio: desideriamo ciò che è desiderato dagli altri. Un bambino vuole il giocattolo che un altro bambino ha, anche se ne ha uno simile. La legge simbolica struttura il campo del desiderabile.

📖 Citazione
“È la legge della parola che fonda la verità del desiderio.”
Jacques Lacan, "Il seminario. Libro VII, L’etica della psicoanalisi"

 

Spunto conclusivo

Qual è la tua legge simbolica?
Qual è quella parola o quella regola che, nella tua storia, ha orientato il tuo desiderio? Provare a nominarla è già un passo verso una maggiore libertà soggettiva.



🔴 Il Reale in Lacan: ciò che sfugge al linguaggio

Quando Jacques Lacan parla di Reale, non si riferisce alla realtà quotidiana, fatta di oggetti, persone ed eventi che possiamo percepire e n...