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giovedì 3 aprile 2025

Declinazioni dell’Oggetto a nella Psicosi: una Presenza Intrusiva e non Simbolizzata


L’oggetto a, nel pensiero lacaniano, è ciò che causa il desiderio e rappresenta un resto del processo di simbolizzazione. Nella psicosi, tuttavia, l’operazione simbolica che regola e ordina il rapporto con la mancanza non avviene in modo efficace, lasciando il soggetto esposto a una presenza dell’oggetto a brutale, intrusiva e frammentaria.

La mancanza della metafora paterna, ovvero dell’operazione simbolica che permette l’inserimento del soggetto nel campo del desiderio regolato dal Nome-del-Padre, fa sì che l’oggetto a non funzioni come supporto strutturato, ma si manifesti sotto forme devastanti o enigmatiche, con effetti che possono assumere le seguenti configurazioni:


1. L’oggetto a e il corpo: fenomeni di frammentazione e alterazione

L’oggetto a, in quanto resto non simbolizzabile, può emergere nella psicosi attraverso un rapporto problematico con il corpo.

  • Fenomeni di estraneità corporea → Il soggetto può percepire il proprio corpo come frammentato o estraneo, come se alcune sue parti non gli appartenessero più. Questo fenomeno si ritrova nei deliri di trasformazione corporea (ad esempio, credere che il proprio corpo stia cambiando in modo irreversibile, come nella dismorfofobia delirante).
  • Intrusione dell’oggetto nell’immagine corporea → Il corpo può essere vissuto come abitato da elementi estranei (microchip, demoni, entità sovrannaturali). Questo accade perché l’oggetto a, anziché essere simbolizzato e reso causa del desiderio, si impone come una presenza reale e incontrollabile.
  • Deliri somatici → L’oggetto a può manifestarsi in ipocondrie deliranti, dove il soggetto è convinto di avere un’alterazione fisica irreversibile, spesso vissuta come una punizione o un segno del proprio destino.

Queste esperienze sono particolarmente frequenti nella schizofrenia paranoide, dove il soggetto vive il proprio corpo come invaso, manipolato o modificato da agenti esterni.


2. L’oggetto sguardo: la paranoia e il controllo

L’oggetto sguardo è una delle forme più angoscianti in cui l’oggetto a può manifestarsi nella psicosi. Mentre nella nevrosi lo sguardo può essere causa di desiderio (ad esempio, nell’isteria il soggetto cerca di essere visto), nella psicosi lo sguardo assume una qualità persecutoria e assoluta.

  • Deliri di sorveglianza → Il soggetto si sente costantemente osservato e controllato, come se esistesse un potere onnipresente che ne monitora ogni azione. Questo è tipico della paranoia, dove l’oggetto sguardo diventa un persecutore.
  • Allucinazioni visive → Il soggetto può “vedere” occhi, ombre o figure minacciose che lo fissano.
  • Deliri tecnologici → Il soggetto può credere che telecamere, microchip o onde elettromagnetiche lo tengano sotto osservazione, producendo un’esperienza di violazione assoluta della propria privacy psichica.

L’oggetto sguardo, in questi casi, non è un elemento regolatore del desiderio, ma si manifesta senza mediazione simbolica, portando a una sensazione di angoscia insopportabile.


3. L’oggetto voce: il fenomeno delle allucinazioni uditive

L’oggetto voce, nella psicosi, assume la forma di allucinazioni verbali, spesso vissute come invasive e ineluttabili.

  • Voci imperative → Comandi diretti che impongono azioni al soggetto, talvolta spingendolo verso comportamenti estremi (autolesionismo, aggressioni).
  • Voci denigratorie o persecutorie → Insulti o commenti sprezzanti sul soggetto, che possono rafforzare una struttura paranoica.
  • Voci enigmatiche → Alcuni psicotici sperimentano voci prive di un senso apparente, come se ricevessero messaggi da un Altro insondabile.

Le voci allucinatorie sono uno dei fenomeni centrali nella schizofrenia, dove il soggetto sperimenta una frammentazione della propria identità: le voci possono apparire come provenienti da un Altro assoluto e indiscutibile, impossibile da contrastare con il linguaggio simbolico.


4. L’oggetto anale e la paranoia del controllo

L’oggetto anale, nella psicosi, si manifesta sotto forma di esperienze intrusive legate al controllo del corpo e delle sue funzioni.

  • Deliri di manipolazione corporea → Il soggetto può credere che il proprio sistema digestivo sia controllato dall’esterno, o che le proprie funzioni corporee siano soggette a interventi alieni o tecnologici.
  • Angoscia legata alla defecazione → In alcune psicosi, l’espulsione delle feci è vissuta come un atto pericoloso, simbolo di perdita di controllo.
  • Deliri di invasione rettale → In alcuni casi, il soggetto può credere di essere sottoposto a pratiche intrusive (abusi, esperimenti scientifici segreti).

Questa configurazione dell’oggetto a si trova spesso nella paranoia delirante, dove il soggetto costruisce elaborati sistemi di spiegazione per giustificare le proprie esperienze di invasione.


Conclusione: l’oggetto a come trauma e intrusione

Nella psicosi, l’oggetto a non funziona come mancanza strutturante, ma si manifesta in modo concreto, violento e destabilizzante. A differenza della nevrosi, dove il desiderio è organizzato attorno alla mancanza dell’oggetto, nella psicosi l’oggetto a non è simbolizzato e si impone direttamente nella realtà del soggetto.

Questa mancanza di simbolizzazione porta a una serie di effetti caratteristici:

  1. Allucinazioni → La voce, lo sguardo, il corpo frammentato diventano esperienze vissute come reali.
  2. Deliri persecutori → L’oggetto a viene proiettato all’esterno sotto forma di una minaccia onnipresente.
  3. Esperienze corporee anomale → Il soggetto vive il proprio corpo come invaso o trasformato.

Lacan sottolinea che nella psicosi non c’è un vuoto organizzato simbolicamente attorno all’oggetto a, ma un’irruzione brutale e incontrollata di questo resto reale, che invade il campo dell’esperienza senza alcuna possibilità di regolazione.

mercoledì 2 aprile 2025

Declinazioni dell’Oggetto a nella Perversione


Nella perversione, l’oggetto a assume una funzione centrale e specifica: mentre nella nevrosi è causa del desiderio, nella perversione diventa strumento di godimento. Il perverso si distingue dal nevrotico perché non si confronta con la mancanza e il desiderio nel modo classico, ma cerca di impossessarsi direttamente dell’oggetto a, facendolo funzionare come un mezzo per il suo godimento.

Se nella nevrosi il soggetto è attraversato dalla castrazione simbolica, che lo costringe a mediare il proprio desiderio attraverso la mancanza, nella perversione c’è un tentativo di negare o aggirare la castrazione, mettendosi in una posizione di strumento o agente del godimento dell’Altro.


1. L’oggetto seno nella perversione: l’eccesso di nutrimento o il rifiuto assoluto

L’oggetto seno, legato alla dimensione orale, può manifestarsi nella perversione in due modalità opposte:

L’incorporazione eccessiva: il perverso può assumere l’oggetto seno come fonte di godimento illimitato, nella forma di una dipendenza estrema dal cibo, dalla droga, dall’alcol o da pratiche legate all’assorbimento orale (feticismo legato al contatto con fluidi, per esempio).

Il rifiuto dell’oggetto seno: in altre forme perverse, il seno può essere rigettato come elemento di dipendenza, con pratiche che implicano il controllo assoluto sul bisogno (forme di ascetismo estremo, sadismo legato alla privazione).


 2. L’oggetto anale nella perversione: il dominio e la sottomissione (continua)

Nella perversione, l’oggetto anale è legato alla gestione del godimento attraverso il potere e il controllo.

Il dominio → In forme di perversione sadica, il soggetto usa l’oggetto anale come mezzo per controllare il godimento dell’Altro. Questo può esprimersi attraverso pratiche di umiliazione, degradazione, o feticismo legato alla sporcizia e al trattenimento. Qui la questione non è solo il piacere sessuale, ma il controllo assoluto dell’oggetto a, che viene utilizzato per regolare la relazione con il desiderio.

La sottomissione → Nel masochismo, invece, l’oggetto anale può essere implicato nel piacere di essere ridotto a scarto, a oggetto dell’Altro. Tuttavia, il masochista non è semplicemente vittima: organizza una scena in cui impone all’Altro la sua posizione di godimento, strutturando rigidamente la propria esperienza di sottomissione.

L’oggetto anale nella perversione è quindi legato alla dimensione del potere e della regolazione del godimento, in cui il soggetto cerca di occupare una posizione attiva nella gestione dell’Altro e del suo desiderio.


3. L’oggetto sguardo nella perversione: voyeurismo ed esibizionismo

L’oggetto sguardo è centrale nella perversione, poiché rappresenta il godimento nella visione e nell’essere visti.

Il voyeurismo → Il voyeur cerca il godimento attraverso lo sguardo, posizionandosi come spettatore di una scena di godimento altrui. Tuttavia, ciò che lo eccita non è solo il vedere, ma l’elemento di trasgressione e proibizione: il godimento è possibile perché si guarda ciò che non si dovrebbe vedere.

L’esibizionismo → L’esibizionista, al contrario, organizza il proprio godimento attorno all’essere guardato. Tuttavia, non è un semplice desiderio di attenzione: l’esibizionista si pone in una posizione in cui sfida l’Altro, mettendolo nella condizione di essere testimone di un godimento imposto.

Il feticismo dello sguardo → Alcune forme di feticismo si strutturano attorno all’oggetto sguardo, come nel caso di chi trova godimento solo in immagini particolari (piedi, tessuti, oggetti specifici). In questi casi, il soggetto cerca di fissare il godimento in un’immagine, evitando il rischio della mancanza.

In tutti questi casi, l’oggetto sguardo è utilizzato per negare la castrazione, ossia per sostenere un’illusione di godimento completo che aggira la mancanza simbolica.


4. L’oggetto voce nella perversione: il comando e l’invocazione

L’oggetto voce, nella perversione, assume due forme principali:

La voce come comando → Il perverso può trovare godimento nell’uso della voce per imporre il godimento all’Altro. Questo si manifesta, ad esempio, nel tono autoritario di alcuni sadici o in dinamiche in cui il comando stesso diventa fonte di piacere.

La voce come invocazione → In altre forme perverse, la voce assume la funzione di un sussurro, un ordine, una supplica che si carica di erotismo. Pensiamo a certe forme di dominazione o a rituali in cui la parola diventa lo strumento per regolare il godimento.

L’oggetto voce, quindi, è utilizzato nella perversione come mezzo per orientare il desiderio e il godimento dell’Altro, mantenendo una posizione attiva nella scena fantasmatica.


Conclusione

Nella perversione, l’oggetto a non è semplicemente la causa del desiderio, come nella nevrosi, ma viene attivamente utilizzato per cercare un godimento diretto. Ogni perversione cerca di aggirare la castrazione e di fissare il godimento in un oggetto specifico, che diventa il fulcro della scena perversa.

Nel sadismo e nel masochismo, l’oggetto anale e la voce sono utilizzati per gestire la dinamica di dominio e sottomissione.

Nel voyeurismo e nell’esibizionismo, l’oggetto sguardo è il centro del godimento.

Nel feticismo, l’oggetto a è materializzato in un oggetto concreto, che diventa il sostituto dell’oggetto perduto.

La perversione, quindi, si organizza attorno al tentativo di fissare l’oggetto a per sfuggire alla mancanza, costruendo una scena in cui il godimento viene reso possibile attraverso la ripetizione ritualizzata di uno scenario fantasmatico.



Declinazioni dell’Oggetto a nella Nevrosi


Nella nevrosi, l’oggetto a mantiene la sua funzione di causa del desiderio, ma si configura secondo modalità che variano a seconda della struttura nevrotica: isterica, ossessiva e fobica. Ogni struttura sviluppa una specifica modalità di rapporto con la mancanza e con il desiderio, che si declina attraverso le differenti forme dell’oggetto a.


1. L’oggetto a nell’isteria: il desiderio insoddisfatto

L’isterica è caratterizzata da una continua tensione tra il desiderio e la sua impossibilità di soddisfazione. L’oggetto a è sempre in fuga, mantenendo vivo il desiderio senza mai poterlo colmare.

L’oggetto sguardo: l’isterica cerca lo sguardo dell’Altro per ottenere riconoscimento, ma allo stesso tempo lo rifiuta. Desidera essere desiderata, ma non posseduta. Lo sguardo è ciò che la costituisce, ma anche ciò da cui fugge.

L’oggetto voce: la voce può essere usata per affascinare o per protestare, assumendo spesso una funzione di denuncia dell’ingiustizia o della mancanza nell’Altro. Il sintomo isterico può manifestarsi nella voce stessa (mutismo, disfonie, sintomi conversivi legati alla parola).

L’oggetto seno: spesso l’isterica è in una posizione di domanda insoddisfatta, oscillando tra bisogno e rifiuto dell’Altro. Il corpo può diventare il teatro del sintomo, esprimendo la mancanza attraverso disturbi psicosomatici, svenimenti o sintomi di conversione.

L’isterica mantiene il desiderio in tensione, ma si sottrae al godimento, mantenendo l’oggetto a sempre un passo più in là.

2. L’oggetto a nella nevrosi ossessiva: il controllo dell’oggetto

L’ossessivo ha un rapporto con l’oggetto a marcato dal tentativo di padroneggiarlo per evitare l’angoscia della mancanza. Se l’isterica cerca di mantenere vivo il desiderio, l’ossessivo cerca di neutralizzarlo.

L’oggetto sguardo: l’ossessivo teme di essere visto nella sua mancanza, per cui tende a evitare lo sguardo dell’Altro o a rifugiarsi in una posizione di invisibilità. Può sviluppare rituali di controllo per evitare di essere colto nel suo desiderio.

L’oggetto voce: l’ossessivo può avere un rapporto tormentato con il linguaggio, con pensieri ripetitivi e dubbi infiniti che lo paralizzano. La voce interiore può essere invasa da un rimuginio senza fine.

L’oggetto anale: è forse il più caratteristico nella nevrosi ossessiva, in quanto l’ossessivo ha un rapporto con il trattenere e il rilasciare. Questo si esprime nel controllo, nell’accumulo, nel rifiuto di cedere qualcosa di sé. Il denaro, il tempo, le parole sono oggetti trattenuti, accumulati o regolati rigidamente.

L’ossessivo cerca di fissare l’oggetto a in una forma controllabile, ma proprio questo tentativo lo porta a essere invischiato in un circuito senza via d’uscita.


3. L’oggetto a nella fobia: la gestione dell’angoscia

Nella fobia, l’oggetto a si manifesta come un oggetto fobico che funge da difesa contro l’angoscia. A differenza dell’isterica, che desidera un oggetto irraggiungibile, e dell’ossessivo, che vuole controllarlo, il fobico sposta l’angoscia sull’oggetto per poterla localizzare.

L’oggetto sguardo: il fobico teme lo sguardo dell’Altro e cerca di proteggersi dall’esposizione. L’angoscia può essere spostata su un oggetto concreto (un animale, un luogo, una situazione), che diventa il rappresentante della minaccia.

L’oggetto voce: può essere associato all’angoscia della parola, con balbuzie o mutismi selettivi che emergono in situazioni di esposizione.

L’oggetto seno: la fobia può legarsi a una difficoltà nel separarsi dall’Altro primario, con angosce legate alla perdita di un punto di riferimento. L’oggetto fobico diventa allora un sostituto che permette di gestire questa separazione.

L’oggetto fobico ha una funzione di mediazione tra il soggetto e l’angoscia, diventando una sorta di punto di ancoraggio che permette di controllare il panico.


Conclusione

L’oggetto a, nella nevrosi, assume forme diverse a seconda della modalità con cui il soggetto si rapporta al desiderio e alla mancanza. L’isterico lo mantiene in fuga per tenere vivo il desiderio, l’ossessivo cerca di padroneggiarlo per non essere travolto dall’angoscia, il fobico lo localizza in un oggetto concreto per renderlo gestibile. In tutti i casi, però, l’oggetto a resta il motore inconscio della soggettività, organizzando il rapporto del soggetto con il proprio desiderio e con l’Altro.



martedì 1 aprile 2025

Le declinazioni dell’oggetto a nella depressione


Nella prospettiva lacaniana, la depressione non è semplicemente un disturbo dell’umore, ma un fenomeno strutturale legato alla perdita dell’oggetto a e alla sua funzione di causa del desiderio. Se l’oggetto a è ciò che mantiene viva la tensione desiderante, la depressione può essere letta come una condizione in cui il soggetto perde questa tensione, restando intrappolato in un vuoto senza possibile rilancio del desiderio.

1. Il seno nella depressione: la dimensione orale della perdita

L’oggetto seno, nella depressione, si manifesta nella forma di una mancanza radicale di nutrimento simbolico. Il soggetto depressivo può sperimentare:

  • Un vuoto affettivo profondo, spesso legato a un’esperienza precoce di separazione non elaborata.
  • Un rapporto problematico con il cibo, che può oscillare tra il rifiuto e l’eccesso (bulimia e anoressia sono a volte declinazioni depressive della ricerca dell’oggetto seno).
  • Una dipendenza dall’Altro, vissuto però come un Altro che non sa dare o che ha ritirato il suo amore.

2. L’oggetto anale nella depressione: il ritiro e la ritenzione

Il rapporto con l’oggetto anale nella depressione si esprime attraverso:

  • Un blocco nel dare o nel ricevere, con un’esperienza di perdita vissuta come definitiva e irrimediabile. Il soggetto può sentirsi incapace di dare qualcosa di sé, chiudendosi in una posizione di ritenzione.
  • Un senso di colpa eccessivo, che può assumere la forma di un’autopunizione inconscia. Il soggetto si percepisce come indegno di ricevere, esprimendo una forma di svalutazione di sé che ha radici nella relazione con l’Altro primario.
  • Una difficoltà nei rapporti con il denaro e la gestione della propria economia pulsionale, che può oscillare tra accumulo difensivo e abbandono.

3. Lo sguardo nella depressione: il sentirsi invisibili o troppo esposti

L’oggetto sguardo nella depressione si declina in due modalità opposte:

  • L’invisibilità: il soggetto può sentirsi come se non esistesse agli occhi dell’Altro, come se il suo desiderio non avesse alcun valore o riconoscimento.
  • L’iper-esposizione: alcuni soggetti depressivi si sentono invece troppo esposti allo sguardo dell’Altro, con una sensazione di vergogna radicale che può portare al ritiro sociale.
  • L’assenza di desiderio nel campo dell’immagine: il soggetto può non riconoscersi nello specchio, perdere interesse per il proprio corpo, per l’abbigliamento, per l’estetica, fino a forme estreme di auto-negazione.

4. La voce nella depressione: il silenzio e il peso delle parole

La voce è centrale nella depressione e si manifesta in due forme principali:

  • L’assenza di voce: il soggetto può sperimentare una difficoltà estrema nel parlare, nel comunicare, come se le parole fossero svuotate di senso o troppo faticose da pronunciare. Il linguaggio può diventare monotono, rallentato, ridotto al minimo.
  • L’auto-denigrazione interiore: la voce può manifestarsi come una presenza persecutoria, sotto forma di auto-recriminazione e pensieri negativi ripetitivi. È la voce che dice “non vali nulla”, “sei un fallito”, una voce interna che erode ogni possibilità di desiderio.

Conclusione

L’oggetto a, nella depressione, perde la sua funzione di causa del desiderio e si trasforma in un segno di perdita assoluta. Il lavoro analitico consiste nel restituire al soggetto una possibilità di relazionarsi con l’oggetto a in modo meno devastante, riaprendo uno spazio per il desiderio al di là della sua mortificazione.

L' Oggetto a e le sue Forme


L’oggetto a (oggetto piccolo a) è uno dei concetti più complessi della teoria lacaniana. Si tratta di un oggetto mancante, causa del desiderio, che il soggetto cerca costantemente ma che non può mai pienamente raggiungere.

A differenza di un oggetto concreto, che può essere posseduto e consumato, l’oggetto a è un resto, un eccesso o un buco nel simbolico, che Lacan definisce come ciò che resiste alla significazione. È ciò che il soggetto perde nel momento in cui entra nel linguaggio, diventando un essere parlante (parlêtre).


Le quattro forme dell’oggetto a

Lacan collega l’oggetto a alle pulsioni parziali freudiane, individuando quattro formr principali dell’oggetto a, che corrispondono a diverse modalità in cui il soggetto esperisce la mancanza e il desiderio:

1. Il seno (objet a orale)

L’oggetto seno è legato alla pulsione orale, ed è il primo oggetto di desiderio del neonato. Il seno materno è l’oggetto di nutrimento, ma anche di affetto e presenza.

  • La sua perdita con lo svezzamento segna il primo incontro con la mancanza: il bambino scopre che la madre non è un’appendice del suo godimento, ma un soggetto separato.
  • Questa perdita introduce il soggetto nella dialettica del desiderio, in cui il soddisfacimento non è mai completo e sempre mediato dall’Altro.
  • Nella vita adulta, il seno può apparire come feticcio o come elemento erotico privilegiato.

2. Le feci (objet a anale)

L’oggetto anale è legato alla pulsione anale e alla fase dello sviluppo in cui il bambino impara a trattenere e a rilasciare le feci, entrando in rapporto con la dimensione del controllo e della perdita.

  • Qui emerge il primo rapporto con il dono e il potere: trattenere o rilasciare diventa una forma di negoziazione con l’Altro (genitori, educatori).
  • Lacan riprende Freud, che vedeva nella fase anale il primo confronto con la logica dello scambio, e lo estende alla dimensione economica del desiderio.
  • L’oggetto anale è spesso implicato nei fenomeni di accumulazione e ritenzione (avidità, ossessività), così come nella relazione con il denaro.

3. Lo sguardo (objet a scopico)

L’oggetto sguardo è legato alla pulsione scopica, e ha a che fare con la dialettica tra guardare ed essere guardati.

  • Non si tratta semplicemente di vedere, ma di essere presi nello sguardo dell’Altro.
  • Lacan distingue lo sguardo dal campo della visione: lo sguardo è ciò che sfugge, ciò che non si può padroneggiare, come il punto cieco della prospettiva.
  • Lo sguardo è centrale nel fenomeno del voyeurismo e dell’esibizionismo, ma anche nelle dinamiche di potere e sorveglianza.
  • L’oggetto sguardo è alla base della sensazione di essere osservati, dell’ansia del giudizio e del desiderio di essere riconosciuti.

4. La voce (objet a invocante)

L’oggetto voce è legato alla pulsione invocante e riguarda la dimensione della parola e del suono.

  • La voce non è semplicemente il suono prodotto dal linguaggio, ma è un resto che sfugge alla significazione.
  • È il vuoto tra i significanti, ciò che resiste alla comprensione.
  • La voce può essere affascinante o inquietante, può attrarre o terrorizzare (si pensi alla voce anonima al telefono, ai sussurri, ai lamenti).
  • Lacan associa la voce al godimento che non può essere interamente simbolizzato: è il luogo dell’eco del desiderio dell’Altro.

L’oggetto a nel transfert e nella clinica

1. L’analista come oggetto a

Nella situazione analitica, l’analista occupa la posizione di oggetto a, ovvero di causa del desiderio. Il soggetto proietta sull’analista un desiderio di sapere e di verità, ma l’analista non deve soddisfarlo direttamente, bensì mantenere viva la mancanza affinché il soggetto possa riformulare il proprio rapporto con il desiderio.

  • Il transfert non è solo un legame affettivo, ma è la messa in scena del desiderio in atto.
  • Se l’analista si identifica con l’oggetto a, può facilitare la separazione del soggetto dal proprio fantasma e aprire nuove possibilità.

2. L’oggetto a nel fantasma

L’oggetto a è sempre presente nel fantasma del soggetto, ovvero nello scenario inconscio che struttura il suo rapporto con il desiderio.

  • Il fantasma è una narrazione che permette al soggetto di gestire la mancanza, fornendogli una spiegazione inconscia del proprio desiderio.
  • L’oggetto a nel fantasma assume forme diverse per ciascun soggetto: può essere una scena, una persona, un’immagine ricorrente che agisce come causa del desiderio.
  • Il lavoro analitico consiste nel far emergere il fantasma e permettere al soggetto di separarsi da esso.


L’oggetto a nella società e nella cultura

L’oggetto a non si limita alla dimensione clinica, ma si estende alla società e alla cultura.

  • Nel capitalismo → Il mercato promette sempre un oggetto a che possa colmare la mancanza, ma ogni oggetto di consumo fallisce nel farlo, mantenendo viva la dinamica del desiderio.
  • Nel potere politico → L’autorità spesso funziona come causa del desiderio collettivo, creando l’illusione di un oggetto capace di risolvere la mancanza sociale.
  • Nei media e nell’estetica → L’immagine del corpo, il culto della celebrità, il desiderio di riconoscimento sono espressioni della ricerca dell’oggetto a attraverso lo sguardo dell’Altro.


Conclusione

L’oggetto a è ciò che mantiene in vita il desiderio, ma è anche ciò che sfugge sempre alla presa del soggetto. Che si tratti di un seno, di un’immagine, di una voce o di un’idea, l’oggetto a rappresenta il punto vuoto attorno a cui il desiderio si struttura.

In analisi, il soggetto può arrivare a riconoscere questa mancanza come costitutiva, smettendo di inseguire l’illusione di un godimento assoluto e trovando nuove vie per abitare il proprio desiderio.

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