La psicoanalisi ha introdotto un radicale cambiamento di prospettiva nel modo di intendere il corpo. Con Freud, il corpo diventa scena della rappresentazione dell’inconscio: i sintomi isterici, nella loro teatralità e nelle loro conversioni, mettono in luce la dimensione simbolica e desiderante del sintomo. Ma Freud non riduce la somatizzazione alla conversione: già negli scritti sulle nevrosi attuali, egli distingue una serie di manifestazioni corporee che non si prestano all’interpretazione simbolica, ma che sembrano connesse direttamente con un eccesso di eccitazione. In queste patologie, non vi è rappresentazione, ma un corpo colpito da un’energia non elaborabile psichicamente: una sorta di “scarica” senza senso.
Lacan, riprendendo e radicalizzando questa distinzione, propone una svolta. Per Lacan, il corpo non è naturale, non è dato biologicamente, ma si costituisce attraverso il rapporto con il linguaggio. È un corpo parlante, corps parlant, affetto dal significante. La lalangue – termine che designa il corpo originario del linguaggio materno, prima della strutturazione simbolica – imprime sul corpo delle tracce di godimento, delle marche che non sono ancora significanti, ma che operano come residui del reale.
Il corpo, dunque, nella clinica lacaniana, non è l’organismo, ma ciò che resta del passaggio del linguaggio sull’organismo. Il godimento (jouissance) è l’effetto di questa operazione: eccedenza, sovraccarico, residuo che non si lascia del tutto simbolizzare. Il soggetto è effetto del significante, ma il corpo conserva una zona opaca che sfugge alla rappresentazione. Le somatizzazioni, in questo quadro, non sono semplicemente “messaggi del corpo”, come a volte suggerisce una certa vulgata psicodinamica, ma effetti di un godimento non simbolizzato, non mediato, che prende corpo.
Conversione, scarica, invasione: tre figure cliniche
Nel tentativo di precisare il posto delle somatizzazioni, è utile distinguere tre modalità del rapporto tra corpo e godimento:
1. Conversione isterica: è il paradigma freudiano. Il sintomo ha forma di linguaggio, mette in scena una domanda, un desiderio, un conflitto. Il corpo è usato come testo, come enigma, come messaggio all’Altro. È una forma ancora simbolica, anche se deformata. L’isterica mette in atto un sapere sul corpo dell’Altro, e il suo sintomo ha una struttura che può essere interpretata, anche se non decifrata del tutto.
2. Scarica nelle nevrosi attuali (nevrosi d’angoscia, nevrastenia): si tratta di manifestazioni corporee non interpretabili, che Freud distingue dalla conversione. Qui il sintomo non è più il risultato di una rappresentazione inconscia, ma l’effetto diretto di una tensione interna, di un eccesso di libido non legata. In chiave lacaniana, si può leggere come effetto del reale del godimento che non si è potuto legare alla catena significante.
3. Invasione del godimento nella psicosi: in assenza del Nome-del-Padre, la funzione del significante che ordina e limita il godimento viene a mancare. Il corpo può allora essere invaso da fenomeni somatici elementari: dolori insensati, mutazioni corporee, vissuti di estraneità. Il corpo diventa allora luogo dell’irruzione del reale, senza mediazione simbolica. È il godimento puro che si manifesta attraverso il corpo.
Somatizzazione e fallimento della metafora
Il punto centrale che Lacan ci consegna è che la somatizzazione non è solo una conversione simbolica, ma può essere anche fallimento della metafora. Là dove il significante non riesce a produrre una rappresentazione, si ha una metafora fallita che lascia un buco. In quel buco si annida il godimento, che si incarna nel corpo.
Nel Seminario XX, Lacan afferma che il godimento non è localizzabile nella parola, ma nel corpo. Il corpo è la sede del reale, ma solo a partire dalla sua presa nel linguaggio. In assenza di questa presa – o nella sua rottura – il godimento si manifesta nel corpo come perturbazione, come eccesso.
Il soggetto può allora ritrovarsi con un corpo che fa male, un corpo che non funziona, un corpo che si ammala, senza che ciò abbia un senso. Ma non si tratta semplicemente di un corpo “che parla” nel senso metaforico del termine: si tratta piuttosto di un corpo colpito da una lettera muta, una marca di godimento che non è transitata nella catena significante.
Dalla somatizzazione al sinthomo
In questa prospettiva, la funzione del trattamento analitico non è quella di eliminare la somatizzazione, ma di permettere al soggetto di riconfigurare il suo rapporto con il godimento, di inventare un modo singolare di legare il reale al simbolico. È questo che Lacan chiama sinthomo: un nodo, una modalità propria di ogni soggetto per tenere insieme il corpo, il godimento e il legame con l’Altro.
Nel Seminario XXIII, dedicato a Joyce, Lacan mostra come lo scrittore abbia inventato il proprio sinthomo – la scrittura – come modo di tenere insieme un corpo altrimenti disgregato. Il sinthomo non è da interpretare, non ha senso da decifrare: è ciò che consente la tenuta del soggetto.
Nel lavoro analitico, dunque, si tratta meno di interpretare il senso della somatizzazione, e più di sostenere la possibilità di un legame nuovo, reale, tra il soggetto e il proprio corpo, tra il godimento e il simbolico.
In questo senso, alcune somatizzazioni possono trasformarsi: da effetti di intrusione del reale a formazioni di compromesso stabili, se sostenute da un lavoro di soggettivazione e da una nuova posizione etica rispetto al godimento.
Conclusione
La clinica lacaniana delle somatizzazioni ci invita a non ricondurre il sintomo corporeo alla sola dimensione del senso. Ci sono sintomi che parlano, ma anche sintomi che gridano, che segnano il reale di un godimento senza parola. Il compito dell’analisi non è eliminare il sintomo, ma aiutare il soggetto a farne qualcosa: non curare, ma annodare.
Bibliografia essenziale
Freud, S. (1895). Progetto di una psicologia per neurologi. Opere, Vol. II, Boringhieri.
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Lacan, J. (1974). La terza, in La Psicoanalisi, n. 3, Borla.
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