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domenica 20 aprile 2025

L’entrata in analisi in Freud e Lacan: dalla soglia del transfert al reale del sinthomo


Una soglia clinica: quando comincia davvero un’analisi

In psicoanalisi, non ogni trattamento è un’analisi. Freud lo accennava già nei suoi consigli al medico: l’analisi inizia quando il paziente accetta di seguire la “regola fondamentale”, ma ancor più quando entra in gioco il transfert. Lacan estremizza questa visione: l’analisi inizia solo quando si struttura il transfert come supposta di un sapere inconscio. L’ingresso in analisi è dunque un atto soggettivo, un “passaggio soggettivo” più che una fase cronologica. È quando il soggetto sposta il suo rapporto con il sintomo, non più come qualcosa da sopprimere, ma da interrogare, che si apre lo spazio dell’analisi.

Come sottolinea Colette Soler, “non si entra in analisi perché si soffre, ma perché si pone la domanda di sapere da dove viene ciò che ci fa soffrire” (Soler, 2004, L’entrée dans l’analyse). L’analisi inizia con l’atto di voler sapere sul proprio desiderio, non con la domanda di guarire.


Freud: transfert come condizione e come materiale clinico

Freud individua nel transfert il motore e il rischio della cura. È il campo in cui riemergono le rappresentazioni inconsce: il paziente rivive con l’analista ciò che ha vissuto con le figure d’amore originarie. Ma è proprio grazie a questa ripetizione che si può lavorare sull’inconscio (Freud, 1912, “La dinamica del transfert”). L’analisi comincia quindi nel momento in cui il transfert diventa utilizzabile come materiale clinico, e non resta solo come ostacolo.

Jean Laplanche insisterà, da parte sua, sul transfert come effetto di un messaggio enigmatico dell’Altro: ciò che nell’analista si presenta come resto enigma attiva il desiderio del soggetto di sapere (Laplanche, 1992, Nuovi fondamenti per la psicoanalisi). Anche per lui, l’entrata in analisi si gioca sull’incontro con un’alterità che smuove.


Il primo Lacan: parola piena, soggetto supposto sapere, funzione del desiderio

Nel primo insegnamento di Lacan, l’analisi è un discorso particolare: un luogo dove il soggetto parla non per essere compreso, ma per sorprendersi di ciò che dice. L’inconscio è strutturato come un linguaggio, e il sintomo è una catena significante da decifrare (Lacan, Scritti, “La cosa freudiana”). Il transfert si struttura come supposta di un sapere che non è dell’analista, ma del soggetto stesso: sapere inconscio.

Nel Seminario XI, Lacan afferma che “è la supposizione di un sapere che definisce il transfert” (Lacan, 1964). Questo passaggio segna l’entrata in analisi: il paziente non chiede solo sollievo, ma attribuisce all’analista la capacità di decifrare ciò che in lui stesso è più enigmatico. La posizione dell’analista si definisce allora come oggetto a, funzione che sostiene il desiderio del soggetto, senza rispondervi.

Jacques-Alain Miller, curatore dei Seminari di Lacan, ha insistito molto su questo punto: l’entrata in analisi è “una soggettivazione del transfert”, in cui il soggetto comincia a trattare il proprio sintomo come un prodotto del desiderio, non come un disturbo dell’Io (Miller, 1998, Introduzione al Seminario XI).


L’ultimo Lacan: sinthomo, reale, sapere-fare-con

Nella seconda parte del suo insegnamento, Lacan mette in discussione l’idea di inconscio interpretabile. A partire dal Seminario XX (“Encore”) e ancor più nel Seminario XXIII (“Il sinthomo”), l’inconscio viene pensato come reale, opaco, non decifrabile. Il sinthomo non è un messaggio da svelare, ma una formazione stabile che tiene insieme il soggetto e il suo godimento. L’analisi non mira più alla verità, ma a un sapere-fare con il proprio sinthomo.

L’entrata in analisi, in questa nuova clinica, è il momento in cui il soggetto comincia ad assumere il proprio sintomo non come segnale da rimuovere, ma come cifra del proprio modo di godere. Questo passaggio è clinicamente molto sottile, come afferma anche Éric Laurent: “Non si entra in analisi perché si parla; si entra quando qualcosa si scrive nel corpo del soggetto” (Laurent, 2008, La clinica del sinthomo).


La funzione dell’analista: da supporto del sapere a punto di reale

Parallelamente, la posizione dell’analista cambia. Se inizialmente l’analista è colui che viene supposto sapere, nella clinica del reale diventa sempre più ciò che buca il sapere. L’analista è non-sapente, non per ignoranza ma per permettere l’emergere dell’inconscio come creazione singolare. Come sottolinea Miller, l’analista deve essere “sempre meno identificato, e sempre più causa” (Miller, 2004, Un effort de poésie). L’entrata in analisi avviene quando il soggetto si confronta non con un sapere già dato, ma con un sapere da costruire nel proprio dire.


Conclusione: clinica dell’entrata come evento soggettivo del desiderio

L’entrata in analisi è, in definitiva, un evento clinico che segna il momento in cui il soggetto accetta di confrontarsi con la verità del proprio desiderio, prima, e con la particolarità del proprio godimento, poi. Dai fondamenti freudiani al sinthomo lacaniano, l’analisi non è mai un processo lineare, ma una soglia da attraversare più volte. L’analista, in quanto oggetto causa e funzione di mancanza, non accompagna verso una soluzione adattiva, ma verso la possibilità di un’esistenza meno alienata.


Bibliografia

  • Freud, S. (1904). Il metodo della psicoanalisi. OSF, vol. IV.
  • Freud, S. (1912). La dinamica del transfert. OSF, vol. VII.
  • Lacan, J. (1957). La cosa freudiana, in Scritti.
  • Lacan, J. (1964). Il Seminario XI: I quattro concetti fondamentali della psicoanalisi.
  • Lacan, J. (1972-73). Il Seminario XX: Encore.
  • Lacan, J. (1975-76). Il Seminario XXIII: Il sinthomo.
  • Laplanche, J. (1992). Nuovi fondamenti per la psicoanalisi.
  • Miller, J.-A. (1998). Introduzione al Seminario XI.
  • Miller, J.-A. (2004). Un effort de poésie.
  • Soler, C. (2004). L’entrée dans l’analyse.
  • Laurent, É. (2008). La clinica del sinthomo.


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