venerdì 27 giugno 2025

Quando il sapere inciampa. Una lettura psicoanalitica dei DSA

Introduzione: il sinthomo e il sapere

Il concetto di sinthomo, proposto da Jacques Lacan nel Seminario XXIII (1975-76), segna una svolta: il sintomo non è più semplicemente un messaggio da decifrare, ma una soluzione soggettiva, un nodo che tiene insieme le tre dimensioni fondamentali dell’esperienza: reale, simbolico e immaginario. In quest’ottica, il sinthomo rappresenta una risposta singolare alla divisione soggettiva, un punto di tenuta nel rapporto con il linguaggio e il godimento.

I Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) – tradizionalmente inquadrati in termini di deficit delle funzioni cognitive – possono così essere letti, nella prospettiva lacaniana, come formazioni sinthomatiche: espressioni del modo soggettivo di posizionarsi rispetto al sapere, alla Legge e all’Altro (famiglia, scuola, società). Il DSA, più che una disfunzione, diviene una forma di risposta, una strategia di esistenza nel legame con il sapere.


Dislessia: l’inciampo come distanza dal sapere

La dislessia, definita in termini cognitivi come un disturbo nella decodifica del linguaggio scritto, può essere osservata anche come resistenza simbolica all’ingresso nel sapere dell’Altro. Alcuni soggetti, nella relazione con la lettura, mostrano un’insistenza su errori che non sembrano solo derivare da un’incapacità, ma da una distanza difensiva rispetto al messaggio dell’Altro.

In alcuni casi osservati, si nota una lettura rallentata e piena di esitazioni, nonostante un’adeguata esposizione educativa. Ogni errore si presenta come un modo per sottrarsi all’effetto intrusivo del sapere, come se leggere correttamente comportasse una sottomissione al comando simbolico. In questo senso, la dislessia non appare come una semplice carenza, ma come un modo soggettivo di trattare l’invasione del linguaggio.


Disortografia: l’errore come segno di differenza

La disortografia, con le sue inversioni, omissioni o sostituzioni nella scrittura, può essere letta non solo come errore funzionale, ma come atto soggettivo. Si osservano bambini che, pur conoscendo le regole ortografiche, le infrangono sistematicamente: una specie di firma, di gesto unico e ripetuto, che resiste all’omologazione.

In alcuni contesti familiari, questo fenomeno è emerso in situazioni dove il soggetto si trova confrontato con ideali elevati, perfezionismi proiettati da figure parentali o confronti con fratelli eccellenti. L’errore ortografico diventa allora un modo per differenziarsi, per affermare un’esistenza propria fuori dallo schema dell’efficienza. L’errore non correggibile segnala un punto di godimento, un punto di rottura della norma in cui il soggetto dice: non sono l’altro che volete.


Disgrafia: il corpo che resiste alla scrittura

La disgrafia è spesso inquadrata come una difficoltà motoria fine nella scrittura. Ma il gesto grafico è, nel campo simbolico, il segno stesso dell’ingresso nel linguaggio. Quando la scrittura si inceppa, può trattarsi anche di una resistenza del corpo a farsi attraversare dal significante.

In più casi clinici, si osservano bambini che, nel momento della scrittura, mostrano movimenti corporei ripetitivi, auto-stimolazioni leggere o tensioni somatiche. La scrittura non riesce a diventare fluida, e sembra in qualche modo conflittuale per il corpo stesso. Questo lascia pensare che la disgrafia possa, in certi soggetti, rappresentare una difficoltà di separazione, un’impossibilità a lasciar passare il segno attraverso il corpo senza produrre un’eccedenza di godimento.


Discalculia: il rifiuto della separazione simbolica

Nel linguaggio lacaniano, il numero è spesso collegato alla funzione paterna, alla Legge, all’ordine. La discalculia può quindi essere interpretata anche come una resistenza all’operazione simbolica della separazione.

In alcune situazioni osservate, bambini senza deficit cognitivi generalizzati mostrano un rifiuto profondo del calcolo, una difficoltà immotivata nell’apprendere le tabelline o i concetti numerici elementari. Tali difficoltà sembrano in certi casi accompagnarsi a contesti familiari in cui il legame con la figura materna è molto forte e poco differenziato. Il numero, in questo senso, si configura come strumento di separazione, e il suo rifiuto come una forma inconscia di mantenimento della fusionalità.


Conclusione: il DSA come struttura sinthomatica

Rileggere i DSA attraverso la lente del sinthomo ci permette di spostare il fuoco dalla correzione alla comprensione soggettiva. Il bambino non è un contenitore deficitario da riempire, ma un soggetto che articola la propria posizione rispetto al sapere. Il disturbo non è un errore da rimuovere, ma un modo per reggere il proprio desiderio e il proprio corpo sotto la pressione del linguaggio dell’Altro.

La clinica psicoanalitica non mira alla normalizzazione funzionale, ma accompagna il soggetto nella trasformazione del rapporto con il sapere, sostenendolo nel costruire un legame che non annienti la sua singolarità. In questo senso, il DSA, quando accolto come sinthomo, può aprire lo spazio di una nuova articolazione del desiderio, e non solo di un miglioramento della prestazione.


Bibliografia

  • Lacan, J. (1964). Il Seminario. Libro XI. I quattro concetti fondamentali della psicoanalisi. Einaudi.
  • Lacan, J. (1972-73). Il Seminario. Libro XX. Ancora. Einaudi.
  • Lacan, J. (1975-76). Il Seminario. Libro XXIII. Il sinthomo. Einaudi.
  • Brusa L., I disturbi dell'appartamento. Prospettive psicoanalitiche e dispositivi pedagogici, Quodlibet, 2024.
  • Maleval, J.-C. (2012). Il bambino autistico e la sua scrittura. Astrolabio.
  • Cosenza, G. (a cura di). (2018). La clinica dei disturbi dell’apprendimento. FrancoAngeli.
  • Recalcati, M. (2007). L’uomo senza inconscio. Raffaello Cortina.



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