La Grande Dimissione — l’ondata di abbandoni volontari dal lavoro esplosa tra il 2021 e il 2023 — è stata interpretata in molti modi: come rifiuto della precarietà, come ricerca di equilibrio vita-lavoro, come effetto della pandemia. Ma letta attraverso Lacan e la sociologia critica, essa appare come un sintomo del discorso del capitale, una crepa nel meccanismo simbolico che lega desiderio e produzione.
1. Il discorso del capitale e il lavoro come godimento
Nel Seminario XVII, Lacan descrive il discorso del capitalista come “un discorso che funziona troppo bene, perché non fa più mancare nulla al circuito del godimento” (1969-70). Il soggetto contemporaneo è immerso in un’economia che non vieta, ma impone di godere, di performare, di realizzarsi. Il lavoro non è più solo mezzo di sopravvivenza, ma spazio in cui il soggetto cerca riconoscimento e senso.
Questa logica ha colonizzato anche il linguaggio delle imprese: passione, creatività, resilienza sono i nuovi imperativi morali. Ma, come osservano Boltanski e Chiapello, “l’autonomia e la creatività, nate come valori critici, sono diventate risorse produttive” (Le nouvel esprit du capitalisme, 1999, p. 97). Il soggetto interiorizza il comando di essere imprenditore di se stesso, fino allo sfinimento.
2. Dati empirici: chi si dimette e dove
Negli Stati Uniti, secondo il Bureau of Labor Statistics (BLS), nel 2022 oltre 47 milioni di lavoratori hanno lasciato volontariamente il proprio impiego. In Europa, Eurostat ha registrato un aumento medio delle dimissioni del 28% tra il 2021 e il 2023, con picchi in Germania, Paesi Bassi e Italia.
In Italia, i dati del Ministero del Lavoro (Rapporto 2023) mostrano che le dimissioni volontarie sono cresciute del 17% rispetto al periodo pre-pandemico, superando 2,2 milioni di casi nel 2023.
I settori più colpiti sono stati:
Commercio e ristorazione, dove il turnover ha superato il 30%, spesso per carichi di lavoro insostenibili e bassi salari;
Sanità e assistenza sociale, segnati da burnout e scarsità di riconoscimento simbolico;
Informatica e servizi digitali, dove il fenomeno è legato al “digital fatigue” e alla ricerca di senso;
Istruzione e formazione, in crescita soprattutto tra i giovani under 35, che percepiscono scarse prospettive e alto stress emotivo.
Le motivazioni dichiarate non sono solo economiche, ma riguardano il senso e la qualità della vita: il 42% degli intervistati (fonte: McKinsey, Great Attrition Report, 2023) parla di “assenza di riconoscimento” e “mancanza di scopo”. È il cuore del sintomo: la rottura del legame simbolico tra lavoro e desiderio.
3. Dimettersi come atto simbolico
Dal punto di vista psicoanalitico, la dimissione non è solo rifiuto, ma atto: un gesto che rompe il ciclo del godimento imposto. Come scrive Lacan nel Seminario XI (1964), “l’atto autentico introduce una discontinuità nel discorso dell’Altro”.
Nel discorso capitalista, l’Altro è il sistema produttivo che comanda: lavora, performa, consuma. Dimettersi significa sospendere questa catena, affermando la propria mancanza — il diritto a non godere come impone il mercato.
Molti soggetti, soprattutto giovani laureati e operatori del settore sociale, hanno scelto di lasciare impieghi “stabili” per aprirsi a forme di lavoro autonomo, progetti comunitari o pause esistenziali. Non sempre si tratta di fuga, ma di una domanda di riconfigurazione simbolica: lavorare con senso.
4. Sociologia critica: crisi del riconoscimento e della cura
Christophe Dejours nota che “la sofferenza nel lavoro nasce quando l’attività non trova più riconoscimento simbolico” (Souffrance en France, 1998, p. 42).
Nancy Fraser e Rahel Jaeggi parlano di una “crisi della riproduzione sociale” (Capitalism: A Conversation in Critical Theory, 2018), dove il tempo e le energie dedicate alla vita, alla cura e alla comunità vengono assorbiti dal mercato.
In questa prospettiva, la Grande Dimissione non è solo un evento economico, ma un sintomo collettivo del desiderio che resiste. Bernard Stiegler scrive: “l’uomo è malato del suo tempo accelerato, perché non ha più il tempo di pensare” (La misère symbolique, 2004, p. 21). Le dimissioni possono allora essere lette come tempo ritrovato, un tentativo di sottrarre la vita alla produzione e restituirla al pensiero e al desiderio.
5. Conclusione: dal sintomo alla possibilità
Non esiste un “fuori” dal discorso del capitale, ma — come ricorda Lacan — si può bucarlo. La Grande Dimissione mostra che una parte del soggetto non si lascia saturare dal godimento imposto. È una crepa nel dispositivo simbolico che lega lavoro e identità, un atto attraverso cui il desiderio tenta di riaffermarsi.
Bibliografia
J. Lacan, Il Seminario XI. I quattro concetti fondamentali della psicoanalisi, Einaudi, 1979.
J. Lacan, Il Seminario XVII. Il rovescio della psicoanalisi, Einaudi, 2001.
L. Boltanski, È. Chiapello, Le nouvel esprit du capitalisme, Gallimard, 1999.
C. Dejours, Souffrance en France, Seuil, 1998.
N. Fraser, R. Jaeggi, Capitalism: A Conversation in Critical Theory, Polity Press, 2018.
B. Stiegler, La misère symbolique, Galilée, 2004.
Bureau of Labor Statistics (BLS), Job Openings and Labor Turnover Summary, 2023.
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Rapporto Annuale sul Mercato del Lavoro, 2023.
McKinsey & Company, Great Attrition, Great Attraction Report, 2023.
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