lunedì 19 maggio 2025

Soggettività performativa e Crisi del Legame simbolico

Logica Coordinativa


1. Introduzione

La logica coordinativa rappresenta una delle configurazioni dominanti della razionalità contemporanea. Essa si fonda su una modalità di pensiero e di organizzazione sociale che mira a mettere in relazione elementi molteplici senza conflitto, senza gerarchia esplicita, attraverso il principio della connessione funzionale. Tale logica, apparentemente neutra e inclusiva, produce in realtà forme insidiose di desoggettivazione, sottraendo al soggetto la sua possibilità di insistenza, di rottura, di domanda etica radicale. Questa logica attraversa tanto il campo politico quanto quello clinico, sociale e persino educativo, e si manifesta nella governance, nella psicologia adattiva, nella pedagogia prestazionale.


2. Razionalità coordinativa e funzionamento sistemico

Come ha osservato Habermas, la razionalità moderna si è differenziata in due registri: la razionalità strumentale del sistema e la razionalità comunicativa del mondo della vita. Tuttavia, la proposta habermasiana di salvare la sfera comunicativa tramite un'etica del discorso sembra oggi insufficientemente radicale. La logica coordinativa assorbe anche il discorso etico in un regime di gestione, dove il conflitto viene convertito in procedura, e la domanda viene trasformata in problema da risolvere.

In questo senso, si può affermare con Adorno che "non c’è vita vera nella vita falsa" (Minima Moralia, 1951). La logica coordinativa neutralizza la negatività, l’attrito che costituisce la materia della soggettività e dell’etica. Essa si presenta come la forma postmoderna della razionalità funzionalista, in cui tutto si connette, ma nulla resiste.


3. Clinica del soggetto e razionalità coordinativa

Nel campo clinico, tale logica si manifesta nel passaggio dalla psicoanalisi alla psicoterapia evidence-based, dalla domanda all’adattamento, dal sintomo come messaggio al sintomo come disfunzione. La clinica della ragione coordinativa è quella che non vuole sapere del soggetto, ma solo dei suoi comportamenti, dei suoi pattern, dei suoi deficit. Come sottolinea Lacan, la psicoanalisi non è una psicologia dell’Io, ma una pratica del soggetto diviso, strutturato dal linguaggio, irriducibile alla funzione adattiva (Écrits, 1966).

L’inconscio, in questa logica, diventa rumore, il sintomo una distorsione, e la cura una normalizzazione. In tale orizzonte, la clinica si trasforma in governance dell’individuo, in ingegneria della felicità o della resilienza. Come ricorda Byung-Chul Han (La società della stanchezza, 2010), l’individuo contemporaneo si sente libero proprio mentre è completamente inserito in un regime prestazionale che lo rende responsabile del proprio fallimento.


4. Etiche orientali e razionalità funzionale

Il confronto con le etiche orientali può sembrare, a prima vista, offrire un’alternativa alla logica occidentale. Tuttavia, se osservate nella loro ricezione contemporanea, queste etiche – fondate sull’armonia, sull’adattamento all’ordine naturale, sulla dissoluzione dell’ego – si prestano spesso a una riattivazione funzionalista. Come sottolinea Sloterdijk, il buddhismo globale oggi agisce più come tecnica di ottimizzazione dell'umore che come rottura dell’ordine costituito (Devi cambiare la tua vita, 2009).

In molti casi, tali etiche diventano supporti spirituali al neoliberismo, producendo una soggettività flessibile, disponibile, non conflittuale. L’armonia viene così dislocata dalla sfera etico-politica a quella della performance adattiva, e il soggetto si ritrae in una interiorità disattivata, anestetizzata.


5. Politica e desoggettivazione

La logica coordinativa si esprime politicamente nella forma della governance, nella sostituzione della decisione con la mediazione procedurale, del conflitto con il consenso. Sloterdijk ha messo in evidenza come la politica tardo-moderna tenda a trasformarsi in "cura del mondo", perdendo il legame con la passione del politico e con il rischio del dissenso radicale.

Zizek, in questo contesto, denuncia il modo in cui la democrazia liberale sopravvive solo come rituale, svuotata di contenuto sovversivo: "il soggetto politico autentico emerge nel momento in cui l’ordine simbolico vacilla" (Meno di niente, 2012). La logica coordinativa, al contrario, tende a suturare ogni rottura, convertendo l’evento in procedura, la rivolta in riforma, la soggettivazione in gestione.


6. Genealogia della soggettività occidentale

Come ha argomentato Kantzas (La Polis senza Creonte e senza Antigone, 2011–2025), il soggetto occidentale nasce dalla frattura tra legge e desiderio, tra ordine politico e istanza etica. Questa frattura, che la tragedia greca mette in scena attraverso Antigone e Creonte, è l’archetipo del soggetto come scissione. Anche la tradizione giudaico-cristiana, con Abramo, i profeti, e infine il Cristo, pone il soggetto davanti a un Altro che non coincide con l’ordine sociale. La modernità secolarizza questa frattura nella figura del soggetto autonomo, ma diviso: tra ragione e volontà, tra legge morale e felicità.

La logica coordinativa tenta di suturare questa frattura, proponendo un soggetto armonico, prestazionale, pienamente integrato nei dispositivi. Kantzas osserva che la "polis postmoderna" vuole il corpo di Antigone e la ragione di Creonte senza la loro tragedia, producendo così un soggetto impolitico, senza desiderio e senza legge.


7. Conclusione: Critica della ragione coordinativa

La ragione coordinativa, lungi dall’essere una neutralizzazione pacifica del conflitto, si rivela come una strategia per l’eliminazione della soggettività. Essa funziona come una desublimazione repressiva: promette liberazione, ma produce conformismo; promette dialogo, ma riduce il dissenso; promette cura, ma produce normalizzazione.

Contro questa logica, è urgente rilanciare una clinica e una politica del soggetto. Una clinica che non si accontenti di curare, ma che sappia sostenere la verità del sintomo. Una politica che non cerchi il consenso, ma la possibilità di un nuovo inizio. Come afferma Adorno: “L’unica etica che resta è quella che si fa carico dell’impossibilità dell’etica” (Dialettica negativa, 1966).


Bibliografia

  • Adorno, T.W., Minima Moralia, 1951
  • Adorno, T.W., Dialettica negativa, 1966
  • Byung-Chul Han, La società della stanchezza, Nottetempo, 2010
  • Habermas, J., Teoria dell’agire comunicativo, 1981
  • Kantzas, P., La Polis senza Creonte e senza Antigone. Lezioni Fiorentine, UNIFI ScienPo, 2011–2025
  • Kierkegaard, S., Timore e tremore, 1843
  • Lacan, J., Écrits, 1966
  • Sloterdijk, P., Devi cambiare la tua vita, 2009
  • Zizek, S., Meno di niente, 2012


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