sabato 10 maggio 2025

Miti di soggettivazione nella cultura nordamericana. Tra performatività, godimento, trauma e algoritmo


1. Il mito dell’auto-costruzione

Uno dei tratti distintivi della cultura nordamericana è il mito del soggetto che si fa da sé, l’auto-made man, scollegato da ogni eredità simbolica. Questo mito, inscritto nel cuore dell’American Dream, rappresenta il soggetto come imprenditore di se stesso, privo di un’origine che lo determina, immerso in un presente performativo e orientato al successo. È un soggetto che nega la dimensione della dipendenza, della mancanza e dell’Altro, per rivendicare un’identità costruita esclusivamente dalla volontà individuale.

Judith Butler, pur parlando del genere, descrive un modello di soggettivazione che può essere esteso anche a questo ambito: «Il soggetto non precede il discorso, ma emerge in esso e attraverso di esso» (Gender Trouble, 1990). Tuttavia, nel contesto americano, questa performatività viene letta in senso neoliberale: l’identità è una prestazione da ottimizzare, un investimento continuo su sé stessi.

Il soggetto così concepito è svincolato da ogni genealogia simbolica: né padre, né Stato, né classe, né tradizione religiosa. L’unico referente è il sé, che tende però a diventare una superficie di marketing, un “io-brand” che si promuove, si misura, si reinventa. Questo idealismo individualista, apparentemente emancipatorio, maschera però una forte pressione alla prestazione continua.


2. Godimento, eccesso e discorso capitalista

Lacan, nel suo insegnamento più tardo, parla del discorso del capitalista come di un dispositivo che, pur mantenendo la struttura del discorso del padrone, ne modifica la funzione: il soggetto non è più interpellato da un significante che lo divide, ma da un comando a godere che rimuove la mancanza. Il risultato è una soggettività iperproduttiva e non castrata, destinata a un eccesso che logora.

Scrive Lacan: «Il discorso del capitalista funziona troppo bene. Ma si consuma da solo» (Autres Écrits, 2001). In Nord America questa logica si è naturalizzata: il soggetto deve continuamente produrre, realizzarsi, migliorarsi, anche nel godimento. Slavoj Žižek lo riassume con la formula: “non solo hai il diritto di godere, hai il dovere di godere” (The Parallax View, 2006). Il soggetto non è represso, è ipercoinvolto nel godimento, fino all’esaurimento.

Byung-Chul Han aggiunge che il potere contemporaneo non vieta, ma seduce: non impone il limite, ma chiama alla prestazione illimitata. La soggettività si trasforma in capitale umano, valutato e valutabile, costantemente chiamato all’ottimizzazione (Psicopolitica, 2014). L’Altro non è più figura dell’interdizione, ma pulsione algoritmica alla massimizzazione del rendimento.


3. Il soggetto come resto traumatico

A questa struttura performativa si affianca un rimosso traumatico, profondo, mai pienamente simbolizzato. La storia degli Stati Uniti è segnata da fratture originarie: la violenza coloniale, il genocidio indigeno, la schiavitù, le guerre imperiali, la segregazione razziale. Ma questi traumi sono spesso neutralizzati o spettacolarizzati, impedendo una reale soggettivazione collettiva.

Žižek osserva come l’11 settembre 2001 abbia infranto il velo ideologico della sicurezza americana: “L’attacco ha portato il reale nel cuore del simbolico americano” (Welcome to the Desert of the Real, 2002). Ma invece di elaborare il trauma, la risposta è stata iperrepressiva o spettacolare, confermando la tendenza a rimuovere l’inconscio. Il soggetto si presenta così come una superficie traumatica non simbolizzata, che esplode in forme sintomatiche: esplosioni di violenza, depressione, isolamento, dipendenze.


4. Il soggetto algoritmico

Nel passaggio dal neoliberismo alla datacrazia, la soggettività è sempre più modellata dai dispositivi digitali. Il sé non è più chiamato a desiderare, ma a rispondere a comandi algoritmici, spesso impercettibili. L’inconscio non è più strutturato come un linguaggio, ma come una rete neurale che calcola correlazioni e previsioni.

Han scrive: «L’algoritmo elimina la libertà, in quanto anticipa il desiderio» (Psicopolitica). Il soggetto non è più diviso, ma trasparente e prevedibile, ridotto a un fascio di dati. Il godimento viene anticipato, targettizzato, intensificato, senza più spazio per il sintomo o l’interruzione. In questo contesto, anche la psicoanalisi rischia di diventare un dispositivo di adattamento: un coaching dell’efficienza.


5. Sintomi, resistenze, resti

Eppure, il soggetto non si riduce mai del tutto al discorso dominante. Emergono rotture, faglie, resti sintomatici. Nelle culture afroamericane, queer, decoloniali, ma anche in alcuni settori della cultura critica (Layton, Fanon, Moten, Butler), si avverte un desiderio di riconnettere la soggettività al trauma, alla mancanza, alla relazione.

Žižek, in The Sublime Object of Ideology, ricorda che il soggetto è tale solo nella disfunzione: è dove il discorso non funziona, dove il significante non si chiude, che il soggetto può emergere. È questo il punto da cui può partire una soggettivazione nuova: non quella del potere o della performance, ma quella del limite, della fragilità, del legame. Un soggetto che non si fa da sé, ma che si scopre attraversato dall’Altro.


Conclusione: verso un soggetto “diviso” e non performante

Il soggetto nordamericano, così come viene prodotto dai miti dominanti, appare sovraccarico, saturo, ma mai davvero soggetto. L’assenza dell’Altro simbolico e il dominio del godimento lo lasciano esposto a un’esaurimento psichico e relazionale. Tuttavia, proprio nel fallimento di questa soggettivazione iper-performante, si aprono possibilità: ritorno del sintomo, ripresa del legame, rilancio della mancanza come apertura all’Altro. Una soggettivazione diversa potrebbe emergere non nel successo, ma nell’accettazione dell’incompiutezza.


Bibliografia essenziale

  • Lacan, J. (1964). Il Seminario. Libro XI. I quattro concetti fondamentali della psicoanalisi. Einaudi.
  • Lacan, J. (2001). Autres écrits. Seuil.
  • Žižek, S. (1989). The Sublime Object of Ideology. Verso.
  • Žižek, S. (2002). Welcome to the Desert of the Real. Verso.
  • Žižek, S. (2006). The Parallax View. MIT Press.
  • Butler, J. (1990). Gender Trouble. Routledge.
  • Han, B.-C. (2014). Psicopolitica. Nottetempo.
  • Berardi, F. (2009). The Soul at Work. Semiotext(e).
  • Layton, L. (2004). Who’s That Girl? Who’s That Boy?. Other Press.



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