sabato 10 maggio 2025

Miti di soggettivazione nelle culture islamiche: tra eteronomia, ritualità e trascendenza


Introduzione

Il processo di soggettivazione nelle culture islamiche non può essere interpretato nei termini canonici dell’Occidente moderno, che lega la nascita del soggetto all’autonomia, alla rottura con la Legge simbolica e alla secolarizzazione. Come sottolinea Žižek (1999), il soggetto moderno nasce dal "taglio" rispetto all’ordine simbolico che lo fonda, in una dialettica di alienazione e verità. Ma che accade quando la Legge non è un residuo culturale da superare, bensì la Parola divina che struttura ontologicamente l’esistenza?

Nelle culture islamiche, la soggettività si organizza intorno a miti fondativi che inscrivono il soggetto in una topologia dell’Altro radicale: Dio come legislatore, il Profeta come modello, la Umma come corpo vivente della Legge. In questo contesto, i miti non sono semplici narrazioni antiche, ma dispositivi simbolici attivi, che orientano il rapporto con il corpo, il potere, la morte e la giustizia.


1. La Legge come Altro assoluto: oltre l’autonomia del soggetto

In contrasto con la concezione moderna di un soggetto che si autodetermina contro la norma, il pensiero islamico classico concepisce l’essere umano come ‘abd, servo di Dio. L’obbedienza alla Shari‘a è il luogo della verità, non della repressione. Hallaq (2013) osserva che lo “Stato moderno” spezza questo paradigma, imponendo una legalità tecnica che fabbrica individui ma non soggetti etici. Žižek (2006) potrebbe leggere questa frattura come l’irruzione di una "ideologia cinica" che separa la legge dalla sua dimensione sacra, producendo soggetti svuotati di credenze autentiche.

In questa chiave, l’Islam premoderno appare come un ordine simbolico in cui la soggettività si costituisce attraverso l’integrazione nella Legge divina, e non nella sua trasgressione. L’Altro non è rimosso, ma nominato, pregato, temuto, interiorizzato. Un soggetto “moderno” che non taglia con questo Altro rischia, secondo Byung-Chul Han, di non diventare mai “pienamente sé stesso” secondo i criteri della soggettività occidentale, ma di rimanere inscritto in un paradigma “pre-neoliberale” (Han, 2014).


2. Corpo femminile e soggettivazione etico-rituale

Saba Mahmood (2005) mostra come nei movimenti pietisti femminili in Egitto la soggettività non emerga dalla liberazione ma dalla ritualizzazione. Le pratiche di modestia, preghiera e silenzio costituiscono un ethos che trasforma il corpo in luogo di soggettivazione conforme alla Legge. Han (2020) osserva che nel mondo contemporaneo il soggetto è invece spinto a “esprimersi” senza limiti, fino all’autoesaurimento narcisistico. In opposizione, il soggetto pietista si nega come volontà individuale per divenire testimone del Divino. Non è il soggetto performativo postmoderno, ma un soggetto della ripetizione, dove il gesto rituale è atto simbolico e formazione del Sé.


3. Sciismo e soggettività tragica: l’Imam come significante perdente

Il mito fondativo dello sciismo, il martirio di Husayn a Karbala, costituisce una figura alternativa di soggettivazione. L’Imam non vince, ma muore. Egli è il “significante perdente” che, nella logica lacaniana ripresa da Žižek, porta con sé la verità del desiderio rifiutato dal potere. Corbin (2006) parla di un “archetipo cosmico” che informa ogni gesto dello sciita devoto. La soggettività qui si costruisce come fedeltà a una perdita originaria, non come appropriazione di un’identità. In questo senso, il soggetto sciita è vicino all’“eroe etico” che, secondo Žižek (2000), accetta l’impossibilità della chiusura simbolica e agisce nel vuoto della Legge.


4. Sufismo: la dissoluzione del soggetto

Il sufismo radicalizza questa tensione, proponendo la dissoluzione del sé individuale (fanā’) come condizione per la verità spirituale. Attar, Rumi e Ibn Arabi descrivono viaggi interiori in cui il soggetto si frantuma per rinascere come immagine riflessa dell’Assoluto. Han (2017) suggerisce che l’Occidente contemporaneo ha perso questa capacità di svuotamento simbolico, riducendo ogni esperienza a narrazione autobiografica. Il sufi, al contrario, abbandona il racconto del sé per perdersi nel silenzio dell’Uno.


5. Il soggetto musulmano tra ideologia e trauma

Il rapporto tra soggettività islamica e inconscio rimane complesso. Azergui (2009) analizza il mito del sacrificio di Abramo nel Corano, notando l’assenza del nome del figlio: una struttura simbolica che lascia aperta l’interpretazione e inscrive il soggetto in un vuoto originario. Žižek leggerebbe questa assenza come “punto reale” che struttura il desiderio ma sfugge alla simbolizzazione. La soggettività musulmana, in questa lettura, non è chiusa in una narrazione compatta, ma attraversata da un’alterità irriducibile, un resto che non si lascia nominare.


6. Diaspora e reinvenzione del mito

Nel contesto diasporico, le soggettività musulmane si confrontano con nuovi miti: cittadinanza, libertà, diritti, ma anche islamofobia, sospetto e discriminazione. Cesari (2004) osserva che l’identità musulmana in Europa diventa spesso “reattiva”, cioè definita contro la società secolare. Han parlerebbe qui di “società della trasparenza” che pretende la visibilità totale del soggetto: confessione, identità, conformismo. Ma molti giovani musulmani resistono a questa trasparenza, mantenendo uno spazio di opacità simbolica che protegge il mito, il rito, il silenzio.


Conclusione

Il soggetto islamico non è un residuo del passato, ma una figura del futuro. Nella sua tensione tra legge e desiderio, perdita e fedeltà, esso ci mostra che non c’è soggettivazione senza mito, e che ogni soggetto – anche quello secolare – è ancora figlio di un Altro. Integrare le letture di Han e Žižek in questo contesto ci permette di pensare il soggetto non come dato ma come campo di battaglia: tra simbolico e reale, tra trascendenza e nichilismo.


Bibliografia

  • Arkoun, M. (2002). Saggio sull'islamicità. Milano: Jaca Book.
  • Asad, T. (2003). Formations of the Secular: Christianity, Islam, Modernity. Stanford University Press.
  • Attar, F. al-D. (2006). Il verbo degli uccelli. Milano: Adelphi.
  • Azergui, L. (2009). Islam et identité subjective: figures du manque dans le Coran. Paris: L’Harmattan.
  • Ben Achour, Y. (2000). L’Islam e la democrazia. Bari: Laterza.
  • Cesari, J. (2004). When Islam and Democracy Meet. New York: Palgrave.
  • Corbin, H. (2006). L’Islam iranico. Vol. I. Milano: Adelphi.
  • Dabashi, H. (1993). Theology of Discontent. New York: Transaction.
  • Delorme, J.-P. (1999). Figures du sujet en Islam. Paris: L’Harmattan.
  • Han, B.-C. (2014). La società della trasparenza. Nottetempo.
  • Han, B.-C. (2017). La società senza dolore. Nottetempo.
  • Han, B.-C. (2020). Psicopolitica. Nottetempo.
  • Hallaq, W. B. (2013). The Impossible State. New York: Columbia University Press.
  • Khosrokhavar, F. (2002). L’islamismo sciita radicale. Bari: Dedalo.
  • Mahmood, S. (2005). Politics of Piety. Princeton: Princeton University Press.
  • Nasr, S. H. (2006). Ideali e realtà dell’Islam. Bari: Laterza.
  • Schimmel, A. (1975). Mystical Dimensions of Islam. Chapel Hill: University of North Carolina Press.
  • Žižek, S. (1999). Il soggetto scabroso: Lacan attraverso Hegel. Milano: Cortina.
  • Žižek, S. (2000). Il fragile assoluto. Milano: Raffaello Cortina.
  • Žižek, S. (2006). Parlare al vuoto. Introduzione all’ideologia. Milano: Feltrinelli.


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