1. Introduzione
La riflessione di François Jullien sulle due logiche fondamentali che hanno strutturato la storia del pensiero – la logica della trascendenza e quella dell’immanenza – offre una prospettiva originale e feconda anche per rileggere la teoria e la pratica della psicoanalisi lacaniana. Se la logica della trascendenza è tipica del pensiero occidentale, e consiste nella separazione tra l’essere e il mondo, tra l’ideale e il reale, tra il soggetto e l’Altro, la logica dell’immanenza – elaborata secondo Jullien attraverso lo studio del pensiero cinese – privilegia la continuità, la coemergenza, l’inclusione tra i poli del reale.
2. Lacan e la logica della trascendenza
Lacan, nella sua fedeltà alla struttura del pensiero occidentale, ha operato entro una logica della trascendenza. Il concetto di Nome-del-Padre (Nom-du-Père), ad esempio, è centrale per la costruzione simbolica del soggetto e per la separazione tra il desiderio materno e la posizione del soggetto nel linguaggio. Il Nome-del-Padre è ciò che introduce la legge e che spezza la fusionalità originaria, rendendo possibile l’accesso al registro simbolico. In questo senso, Lacan si colloca in una tradizione che ha pensato la verità come separata, come mancante, come oltre.
Come afferma Jullien, “la trascendenza, nel pensiero europeo, struttura il pensiero come distanza, come differenza e come oltrepassamento” (De l’universel, de l’uniforme, du commun et du dialogue entre les cultures, 2008, p. 57). Questa distanza è la stessa che Lacan articola nella funzione del significante e del soggetto come effetto del significante.
3. Lacan e la logica dell’immanenza
Tuttavia, nella fase più avanzata del suo insegnamento, Lacan si avvicina sorprendentemente a una logica dell’immanenza, soprattutto nel lavoro sul reale e sul godimento. L’oggetto a, ad esempio, non è un oggetto trascendente, ma un resto immanente, qualcosa che insiste e si manifesta come eccedenza immanente al simbolico.
Inoltre, quando Lacan esplora la scrittura cinese nella lezione del 20 gennaio 1971 (in Le Séminaire, Livre XVIII. D’un discours qui ne serait pas du semblant), lo fa per problematizzare il rapporto tra significante e senso, e per interrogare una forma di pensiero che non si fonda sulla metafisica dell’assenza o della mancanza. Il carattere cinese, osserva Lacan, è un "corpo visivo" che funziona nel linguaggio non come pura differenza fonematica ma come "traccia condensata di senso". Si tratta di un’apertura verso una logica non-dualistica.
Jullien nota come “il pensiero cinese non cerca di astrarre una verità al di sopra delle cose, ma di seguire la trasformazione delle situazioni immanenti” (Traité de l’efficacité, 1996, p. 11). In tal senso, il lavoro clinico lacaniano, in alcune sue applicazioni, può avvicinarsi a una strategia non direttiva e non normante, che osserva e lavora sul tempo proprio di ogni soggetto, senza imporgli un telos o una forma esterna.
4. Integrazione delle due logiche: esempi applicativi
Un’ipotesi feconda è quella di pensare a un’integrazione delle due logiche nella pratica psicoanalitica e in altri ambiti della cura e dell’educazione.
In ambito clinico, ad esempio, la logica della trascendenza può orientare il lavoro attorno alla funzione del Nome-del-Padre, all’interpretazione come taglio e alla dialettica del desiderio. Ma, nello stesso tempo, un’attenzione immanente al processo, alla variazione e alla continuità del transfert può aiutare a cogliere dimensioni del soggetto che non si lasciano catturare in strutture rigide.
Nel lavoro educativo con soggetti disabili, per esempio, un approccio trascendente può proporre una griglia simbolica di lettura (struttura, mancanza, desiderio), mentre uno immanente lavora sulla modulazione dell’ambiente, sulle microvariazioni corporee, sulla trasformazione della presenza come spazio che include anche il non-verbale.
Nella politica, la logica della trascendenza si traduce spesso in ideali universali, progetti di liberazione o rivoluzione, mentre quella dell’immanenza valorizza processi di trasformazione situata, attenzione ai contesti, pratiche del possibile.
Come scrive Jullien: “Non si tratta di scegliere una logica contro l’altra, ma di farle lavorare insieme, per far emergere ciò che ciascuna lascia in ombra” (Il saggio dell’intimità, 2014, p. 83).
5. Conclusione
Il confronto tra Lacan e Jullien apre uno spazio di pensiero inedito: una psicoanalisi che sa ancora pensare la mancanza e la struttura, ma che sa anche stare nelle pieghe del presente, nei movimenti minimi del godimento e della parola. Pensare la clinica, l’etica, la politica e l’educazione come spazi in cui le due logiche – quella della trascendenza e quella dell’immanenza – possono coabitare, senza escludersi, significa rilanciare il lavoro sul soggetto nella sua complessità.
Bibliografia
- Jullien, F. (1996). Traité de l’efficacité. Grasset.
- Jullien, F. (2008). De l’universel, de l’uniforme, du commun et du dialogue entre les cultures. Fayard.
- Jullien, F. (2014). Il saggio dell’intimità. Raffaello Cortina.
- Lacan, J. (1971). Le Séminaire, Livre XVIII. D’un discours qui ne serait pas du semblant. Seuil.
- Lacan, J. (1966). Écrits. Seuil.
- Bonazzi, M. (2007). Lo sguardo di Giano. L’interculturalità come filosofia. Mimesis.
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