mercoledì 14 maggio 2025

Woke e Cancel Culture

 


1. Introduzione: il ritorno della Legge come sintomo 

Viviamo in un'epoca in cui la crisi del significante padrone tradizionale lascia spazio a nuove formazioni discorsive che tentano di riorganizzare il campo simbolico. Tra queste, il fenomeno woke e la cancel culture si impongono come dispositivi sociali e culturali che, pur proponendosi come emancipatori, sembrano talvolta generare nuove forme di esclusione, angoscia e irrigidimento del legame sociale.

La psicoanalisi lacaniana, con la sua attenzione al rapporto tra soggetto, linguaggio e Legge, offre una chiave di lettura originale e critica di questi fenomeni. Lungi dal liquidarli come semplici mode culturali, si tratta di coglierne la struttura desiderante e le impasse soggettive che li accompagnano.

2. Il Woke come nuovo Super-Io

Nato da una spinta legittima contro le discriminazioni razziali, di genere e sociali, il discorso woke si costituisce come un nuovo regime simbolico che tende a ridefinire i codici linguistici e comportamentali. Tuttavia, questa nuova etica del linguaggio si trasforma spesso in un imperativo assoluto: "parla bene, pensa giusto, non offendere mai". Qui Lacan ci aiuta a riconoscere la struttura del Super-Io, che, lungi dall'essere la semplice interiorizzazione della legge, si manifesta come comando paradossale: "godrai nel tuo essere giusto, ma non abbastanza".

Alcuni esempi concreti possono aiutare a chiarire questo meccanismo. In molte università americane e britanniche, vengono adottate liste di parole "consigliate" e "sconsigliate" per evitare di urtare la sensibilità di gruppi minoritari: ad esempio, sostituire "slave" con "enslaved person" nei manuali di storia o evitare il termine "crazy" anche in contesti colloquiali. Simili pratiche si sono estese anche alla revisione di classici letterari, come nel caso di alcune edizioni di Roald Dahl e Agatha Christie, dove editori hanno modificato termini ritenuti oggi offensivi.

Lungi dall'essere una liberazione, questa nuova moralità produce un soggetto colpevole per struttura, sempre in difetto rispetto alla norma etica. Si tratta di un godimento colpevole, che sostituisce il desiderio con il dovere, e il transfert con la sorveglianza.

3. Cancel Culture e la forclusione del sintomo

La cancel culture si inserisce come pratica di espulsione simbolica del soggetto "colpevole". Non si tratta più di criticare, interpretare, elaborare il senso di un'opera o di una dichiarazione, ma di rimuoverla, annullarla, eliminarla dalla memoria collettiva. Questo meccanismo ha tratti profondamente rituali: è un sacrificio simbolico che mira a restaurare un ordine infranto.

Esempi noti includono la rimozione di statue di figure storiche come Cristoforo Colombo o Winston Churchill, accusati di colonialismo o razzismo; o ancora, l'esclusione pubblica e professionale di artisti, scrittori o professori universitari per affermazioni ritenute offensive, anche se contestualizzate o datate. Il caso di J.K. Rowling, accusata di transfobia per alcuni suoi tweet, è emblematico della tensione tra libertà d’espressione e sensibilità collettiva.

In termini lacaniani, potremmo parlare di una forclusione del sintomo: il soggetto che manifesta una contraddizione, un resto non integrabile, viene espulso dal discorso invece che accolto nel lavoro del desiderio. In tal modo, la cancel culture tenta di costruire un Altro senza mancanza, un ordine simbolico perfetto, senza remainder.

4. Il rifiuto della castrazione e le nuove forme di angoscia 

Sia il woke che la cancel culture condividono una difficoltà strutturale: l'incapacità di sostenere la castrazione simbolica, ovvero l'assunzione del limite come fondamento del desiderio. Laddove si pretende un linguaggio puro, un'identità non contraddetta, una giustizia senza resto, si produce inevitabilmente angoscia.

Il desiderio, secondo Lacan, nasce dalla mancanza nell'Altro. Laddove l'Altro viene saturato di senso e di legge, il soggetto non può che provare colpa o silenziarsi. La parola, invece di essere luogo di apertura, diventa spazio di pericolo. È qui che si manifesta la sofferenza soggettiva contemporanea: non solo la censura, ma l'autocensura; non solo l'espulsione, ma la vergogna di esistere in quanto desideranti.

5. Woke e Cancel Culture: sintomi di un disagio nel legame sociale

Questi fenomeni possono essere letti come tentativi di ricostruzione di un legame sociale perduto, ma lo fanno attraverso una via perversa: la negazione del conflitto, dell'ambiguità, della differenza come strutturale. Non è un caso che nella cancel culture manchi lo spazio del transfert, cioè della relazione dialettica con l'Altro come luogo del senso in costruzione.

La psicoanalisi, invece, invita a una pratica del discorso che faccia posto al sintomo, al non-sapere, alla domanda. Ciò che oggi viene rapidamente silenziato, potrebbe invece divenire occasione di parola, di elaborazione, di costruzione soggettiva. Anziché cancellare il soggetto, si potrebbe sostenere il suo dire.

6. Conclusione: per una politica del desiderio

Una lettura lacaniana del fenomeno woke e della cancel culture non propone un ritorno nostalgico al Padre o all'ordine simbolico tradizionale. Piuttosto, suggerisce la necessità di una politica del desiderio: una pratica sociale e culturale che non cerchi identità pure o linguaggi perfetti, ma che faccia posto alla mancanza, al conflitto, all'inconscio.

Solo in questa prospettiva è possibile ricostruire un legame sociale non fondato sulla colpa o sull'espulsione, ma sul riconoscimento della divisione soggettiva come condizione di ogni parola autentica.


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