giovedì 15 maggio 2025

Modernità: l'Epoca dell’Altro senza garanzia.


Modernità


1. Introduzione

La modernità, più che una semplice epoca storica, è un’esperienza soggettiva complessa, segnata da una trasformazione profonda del legame tra individuo, autorità, desiderio e godimento. Una lettura psicoanalitica della modernità – soprattutto di orientamento lacaniano – consente di cogliere le discontinuità simboliche, le nuove forme del disagio e le mutazioni dell’Altro che la caratterizzano. Il soggetto moderno non è semplicemente “più libero” o “più razionale”, ma è interpellato da un cambiamento strutturale dell’ordine simbolico, che incide sul modo in cui si costituisce il desiderio e si regola il godimento.


2. La decostruzione dell’Altro: crisi dell’ordine simbolico

Jacques Lacan ha posto la questione dell’“evaporazione del Padre” come uno dei tratti distintivi della modernità. Il Padre simbolico – funzione dell’ordine, del divieto e della Legge – si indebolisce sotto la pressione dell’egualitarismo democratico, della tecnoscienza e della disgregazione dei legami tradizionali.

“Non c’è Altro dell’Altro” (Lacan, Séminaire XI, 1964), afferma Lacan: l’ordine simbolico non può più contare su una garanzia ultima, trascendente. Questo provoca uno slittamento dal Nome-del-Padre a un’“iterazione di nomi”, ovvero a un regime simbolico pluralizzato, senza garanzia.

L’evaporazione del significante padrone produce un soggetto “iper-responsabile”, che deve costruire il proprio destino senza riferimenti stabili, e ciò apre lo spazio a nuovi sintomi: iperattività, angoscia, dipendenze, identità fragili.


3. L’ideologia dell’autonomia e il soggetto “sovrano”

La modernità esalta l’autonomia, l’autodeterminazione, l’autenticità. Tuttavia, dal punto di vista psicoanalitico, questa affermazione dell’“Io” è spesso un travestimento dell’ideale dell’Io (Ichideal), una maschera narcisistica dietro cui si cela l’angoscia di fondo di un soggetto non più sostenuto da un Altro consistente.

Come osserva Charles Melman:

“Il soggetto moderno è colui che ha perduto l’inscrizione simbolica del desiderio, ma non per questo rinuncia a godere” (Melman, L’homme sans gravité, 2002).

La psicoanalisi mostra come questa sovranità del soggetto sia spesso attraversata da un godimento senza limiti, che sfocia nell’auto-sfruttamento, nella medicalizzazione del disagio, nella depressione come nuova forma di legame con l’Altro scomparso.

4. Modernità e nuovo legame sociale: il “discorso capitalista”

Lacan, nel suo Séminaire XVII, formalizza il “discorso capitalista” come una mutazione dei legami sociali. In questo discorso, il soggetto viene messo in posizione di consumatore, separato dall’Altro e immerso in un ciclo infinito di godimento.

“Il discorso capitalista è folle, perché è insostenibile” (Lacan, 1969-70). Esso rimuove il limite, promette un godimento illimitato e cancella il punto di impossibilità attorno al quale si costituisce il desiderio.

Nel regime del discorso capitalista, l’oggetto a diventa un oggetto di consumo, il desiderio è trasformato in bisogno, e il soggetto è sempre in difetto rispetto a un godimento promesso ma mai pienamente raggiunto. La clinica odierna – fatta di ansie, dipendenze, depressioni, agiti – riflette questo slittamento strutturale.


5. Modernità e godimento: tra libertà e sintomo

L’accesso moderno a una molteplicità di stili di vita e di scelte non produce automaticamente una maggiore libertà soggettiva. Piuttosto, mette il soggetto davanti alla necessità di “inventare” il proprio legame con il godimento, di scegliere il proprio significante padrone, spesso senza il supporto di una tradizione simbolica condivisa.

“Nel momento in cui l’Altro vacilla, il soggetto è messo davanti alla necessità di fare esistere un legame laddove non ce n’è più uno garantito” (Miller, L’orientation lacanienne, 2005).

La sfida della modernità, dunque, non è tanto il superamento della Legge, ma la possibilità di costruire un nuovo legame, più contingente, ma non per questo privo di etica. Una psicoanalisi all’altezza della modernità non ha nostalgia del Padre, ma accompagna il soggetto nella creazione di un legame singolare con il desiderio.


6. La psicoanalisi come sintomo della modernità

Freud fonda la psicoanalisi nel cuore del passaggio alla modernità avanzata. La Vienna fin-de-siècle è una città attraversata dalle tensioni tra scienza e religione, tra tradizione patriarcale e liberalismo emergente, tra un’autorità in declino e un soggetto borghese che chiede di “parlare”. Non è un caso che la psicoanalisi nasca come scienza della parola e del desiderio, proprio nel momento in cui la Legge simbolica tradizionale – incarnata nella figura paterna borghese, medico, giudice o sacerdote – comincia a vacillare.

La nevrosi, al centro della clinica freudiana, è il sintomo del soggetto moderno che non riesce più a trovare un posto nel discorso sociale. Il disagio nella civiltà (Das Unbehagen in der Kultur, 1930) non è un semplice effetto collaterale, ma una verità strutturale della modernità: quando il godimento viene represso in nome della coesione sociale, si converte in sintomo. La psicoanalisi nasce per far parlare il soggetto dove la Legge non parla più, o parla troppo.

“Dov’era l’Es, sarà l’Io” (Wo Es war, soll Ich werden) – dice Freud (1933): ma questo Io non è padrone, è un luogo vuoto da costruire nel linguaggio.

In questo senso, la psicoanalisi è moderna, ma non modernista: si iscrive nella crisi della tradizione e della Legge, ma non crede alla redenzione del soggetto autonomo e trasparente. Al contrario, mostra la struttura dell’inconscio come condizione strutturale del soggetto parlante, e dunque i limiti della razionalità moderna.

“L’inconscio è la politica” – dirà Lacan (Séminaire XVII), nel senso che ogni soggetto è strutturato da un discorso, e nessuna autonomia può prescindere dalla sua dipendenza da un Altro.

La psicoanalisi è così una forma di pensiero radicalmente moderna perché riconosce il vuoto al centro del soggetto, ma anche una forma di resistenza alla deriva della modernità, quando questa vuol colmare quel vuoto con oggetti, tecnologie o ideologie totalizzanti.


7. Dal Discorso capitalista al Capitalismo digitale.

Nella sua ultima elaborazione, Lacan definisce il discorso capitalista come un discorso senza barriera, dove il soggetto è spinto a godere (jouir) senza passare per la mediazione simbolica del desiderio. Questo modello si è radicalizzato nel XXI secolo con il capitalismo digitale, in cui l’algoritmo prende il posto dell’Altro, prescrivendo desideri, preferenze e comportamenti.

“Il godimento è diventato un imperativo sociale: godi subito, mostra il tuo sé, ottimizza te stesso” – osserva Byung-Chul Han (La société de la transparence, 2012).

In questo quadro, la Legge è sostituita da un controllo invisibile, performativo, autoindotto. La psicoanalisi, con il suo invito a sostenere il desiderio nella sua opacità, può diventare un punto di resistenza contro l’omologazione del soggetto al modello di consumatore efficiente e performante.

“La psicoanalisi è contro il coaching, contro il management dell’anima, contro l’ottimizzazione del soggetto” – scrive Jacques-Alain Miller (L’orientation lacanienne, 2011).

Il soggetto moderno, così come analizzato da Freud e Lacan, è un soggetto diviso, attraversato da una mancanza che non può essere colmata dal consumo. In questo senso, la psicoanalisi è contemporanea alla modernità, ma non ne è una semplice espressione: è la sua interrogazione critica.

9. Conclusione

La modernità, nella lettura psicoanalitica, è la scena di una trasformazione radicale del legame simbolico. L’indebolimento dell’Altro, la crisi del significante padrone e l’invadenza del godimento ridefiniscono la posizione del soggetto e del suo sintomo. Lacan non offre una critica della modernità in senso reazionario, ma una diagnosi delle sue tensioni strutturali. La psicoanalisi si pone così non come difesa dell’ordine perduto, ma come spazio per l’elaborazione soggettiva del vuoto lasciato dall’Altro, in vista di un’etica del desiderio rinnovata.


10. Bibliografia estesa e citazioni aggiuntive

  • Freud, S. (1930). Das Unbehagen in der Kultur (Il disagio della civiltà).
  • Freud, S. (1933). Neue Folge der Vorlesungen zur Einführung in die Psychoanalyse.
  • Ehrenberg, A. (1998). La fatigue d’être soi. Odile Jacob.
  • Lacan, J. (1969–70). Séminaire XVII: L’envers de la psychanalyse. Seuil.
  • Lacan, J. (1972–73). Séminaire XX: Encore. Seuil.
  • Miller, J.-A. (2011). L’orientation lacanienne – La fuite du sens. Cours inédit.
  • Han, B.-C. (2010). La société de la fatigue. L’Arachnéen.
  • Han, B.-C. (2012). La société de la transparence. L’Arachnéen.
  • Melman, C. (2002). L’homme sans gravité: Jouir à tout prix. Denoël.
  • Žižek, S. (1999). The Superego and the Act. In: The Ticklish Subject. Verso.
  • Foucault, M. (1976). Histoire de la sexualité I: La volonté de savoir. Gallimard.
  • Castel, R. (1995). Les métamorphoses de la question sociale. Gallimard.
  • Harari, Y. N. (2017). Homo Deus. Harvill Secker.
  • Stiegler, B. (2010). Ce qui fait que la vie vaut la peine d’être vécue. Flammarion.

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